Voto per corrispondenza e voto elettronico: un’analisi

A chiunque giovi, il voto per corrispondenza è una farsa, un imbroglio, una trappola. In realtà, qualunque modalità di voto che non preveda la presenza dell’elettore in un seggio e in una cabina elettorale non può dirsi né attendibile, né rassicurante. Naturalmente, il fascino della tecnologia e l’innata pigrizia degli elettori rappresentano una tentazione alla quale è difficile resistere, anche nelle democrazie più solide e collaudate.

Tuttavia, non bisogna dimenticare che l’esercizio di questo diritto – il più importante tra i diritti politici di cui dispone il cittadino – deve realizzarsi con forme e modalità idonee a scongiurare anche il benché minimo sospetto. E a fornire garanzie di controllo democratico della esistenza dei requisiti che lo caratterizzano. Libertà, ad esempio; segretezza, per ricordarne uno; genuinità, per dirne un altro; garanzia di esame (di ricezione, anche, trattandosi del servizio postale), per esagerare; custodia prima dello spoglio, per concludere. Tutte cose che, all’evidenza, mancano nel voto per corrispondenza e che, ancora di più, difettano in quello espresso su piattaforme elettroniche, massimamente manipolabili, come sappiamo. Se volete riconoscere un vero democratico, chiedetegli quale sistema di voto preferisce, oggi, nel 2020. La matita, vi risponderà: la matita copiativa.

Aggiornato il 08 novembre 2020 alle ore 10:59