Sono sempre più convinto che il Sars-Cov-2 abbia creato nel mondo una sorta di impazzimento collettivo. Impazzimento che in Italia, per quel che possiamo valutare, ha raggiunto vertici irraggiungibili. Fenomeni obiettivamente assurdi sono sotto gli occhi di milioni di cittadini, ma nessuno sembra minimamente rilevarli. Tra i più significativi spicca quella sorta di apparente immunità dal virus che tutti gli studi televisivi sembra abbiano acquisito, non si sa bene in forza di quale misterioso antidoto.
E mentre il resto del Paese reale si barcamena malamente nella quotidianità virale, sovrastato da una sempre più complessa obbligatorietà delle famigerate mascherine, che qualche cervellone immagina di rendere addirittura permanenti nella sua folle visione di una nuova normalità, abbiamo appreso che negli stessi studi televisivi non esiste alcun rischio di contagio. Basta infatti seguire un qualunque programma che veda la presenza di ospiti e di un pubblico in sala, per rendersi conto che nessuno – ovviamente – indossa la medesima mascherina, pur stazionando al chiuso anche per alcune ore. Ci si bacia e ci si abbraccia secondo la vecchia normalità e, soprattutto nei programmi di puro intrattenimento, il distanziamento tanto invocato dai numerosi Savonarola della catastrofe sanitaria non viene neppure accennato.
Ma il paradosso dei paradossi si raggiunge nell’ambito dei talk-show, allorquando i vari inviati sul territorio in collegamento diretto con lo studio, in cui conduttore e ospiti parlano e respirano liberamente al “chiuso”, sono costretti a portare le ingombranti mascherine super protettive all’“aperto”.
A questo punto ci si chiede: siamo scemi noi aperturisti che da tempo ci permettiamo di segnalare, insieme ad una coraggiosa pattuglia di medici che non intendono portare il cervello all’ammasso, queste e tante altre macroscopiche incongruenze, o sono scemi coloro i quali, per le più disparate ragioni personali e di bottega, stanno trasformando una epidemia oramai ampiamente sotto controllo in un grottesco teatrino sociale e politico dell’assurdo? Ai posteri l’ardua sentenza.
Aggiornato il 08 ottobre 2020 alle ore 09:28