Siamo arrivati alla fine dei nostri appuntamenti. Nel rimandare al più ampio pamphlet scaricabile gratuitamente dalla piattaforma on-line de L’Opinione e liberamente divulgabile, rimane da esaminare l’ultimo cavallo di battaglia dei sostenitori della riforma costituzionale.
In cinque anni, sostengono, lo Stato risparmierà 500 milioni di euro, e questo è quanto basta per tagliare le poltrone.
Il dato, per prima cosa, è falso. Il risparmio non supererebbe, in cinque anni, 280 milioni, ossia 56 milioni ogni anno. Lo certifica l’Osservatorio Nazionale sui conti pubblici ed è facilmente verificabile dai bilanci di Camera e Senato. La cifra che potrebbe essere davvero risparmiata, dunque, è lo 0,007 per cento della spesa pubblica, che, al netto degli interessi, supera 770 miliardi.
Per ogni cittadino, il contenimento sarebbe di 0,95 centesimi l’anno, giusto na’ tazzulella ’e cafè. Rispetto, poi, alle spese complessive di Camera e Senato, il contenimento non raggiungerebbe neppure il 4 per cento.
Allora, a petto di un così modesto risparmio, è credibile che in esso stia la reale ragione della riforma? E poi, si può considerare seria una proposta che baratta la rappresentatività democratica con un pugno di euro? Le risposte non possono che essere negative, senza “se” e senza “ma”.
Il contenimento dei costi è argomento strumentalmente utilizzato per finalità propagandistiche, al solo scopo di estorcere consenso basato su rappresentazioni fasulle della realtà e della reale volontà.
Chi fa politica in questo modo crea continuamente trompe-l’œil concettuali e linguistici, sui quali prova a convogliare lo sguardo degli elettori, facendo loro credere che ciò che osservano sia reale o il vero problema, quando invece è solo un gioco ingannatorio di prospettiva. Chi fa politica in questo modo è un “imbottitore di cervelli”, come scriveva Antonio Gramsci, perché riproduce scientemente una realtà falsificata al solo fine di convincere l’osservatore che ciò che vede sia il vero cuore della questione, non un artifizio, come invece è. È una tecnica antica, ma sempre risorgente e ampiamente studiata.
Vi è di più. Con la stessa tecnica si instilla negli elettori la convinzione che i costi della democrazia siano tutti inutili, perché destinati al mantenimento della “casta”, di un manipolo di nullafacenti spesati dai contribuenti.
Questa narrazione è potentissima sul piano propagandistico, è quasi ipnotica tanto è pervasiva, ma in realtà è la più rovinosa favola degli ultimi decenni.
Lo è, anzitutto, perché confonde i piani di ragionamento, equiparando i costi della politica ai costi della democrazia. E lo è perché vuol far credere che il sistema possa funzionare a costo zero o quasi zero, e che a questo risultato si arriverà un giorno con la “rete” e la democrazia diretta. Intanto mettiamoci in cammino, è il messaggio subliminale ulteriore lanciato dall’etere e da internet.
Proviamo a usare il ragionamento, anziché gli slogan. La democrazia rappresentativa ha indubbiamente costi elevati, assai più elevati di qualsiasi altro sistema, specialmente di quelli dittatoriali. Ma, come ripeteva Sandro Pertini, “è meglio la peggiore delle democrazie della migliore di tutte le dittature”.
Intendiamoci, il fatto che la democrazia costi molto di per sé, non legittima privilegi o sprechi. Lo sperpero del denaro pubblico è sempre ingiustificato e dunque lo è anche quello collegato alla funzione rappresentativa. È proprio per questo, allora, che si sarebbe dovuto intervenire su di essi, ridurre le indennità dei parlamentari o gli altri costi di contorno. Facendo bene di conto, infatti, i risparmi sarebbero stati simili a quelli che produrrà la riforma.
Siccome è difficile credere che i suoi ideatori non conoscano le quattro operazioni aritmetiche, è da ritenere che la loro reale strategia sia quella non di fare economia, ma di iniziare, col taglio, a destrutturare proprio la rappresentatività.
Il “no” è la sola arma a nostra disposizione per provare a rovesciare questo disegno rovinoso per l’Italia. Ed è il solo strumento in grado di liquidare chi è disposto a barattare la democrazia con una manciata di spiccioli. Questo è il cuore pulsante del “no”! Questo è il suo reale significato!
Aggiornato il 14 settembre 2020 alle ore 10:19