Butteranno tutti nel cassonetto

Non è tanto il meno 13 del Pil a preoccupare, anche nel mondo c’è stato un crollo. Quello che spaventa è il silenzio, l’indifferenza verso un Governo che la maledizione di Montezuma gli scuce un baffo. Qui non si tratta dell’ottimismo risibile dell’esecutivo sulla ripresa, non si tratta più delle uscite del premier, che ormai ci ha abituati alle dichiarazioni allegre su tutto, vi ricordate la potenza di fuoco dei miliardi? La Manovra che passerà alla storia? L’Italia modello nel mondo? Il gran varietà degli Stati generali? Si tratta di troppa gente che ancora crede di averla passata liscia, che i giallorossi ci porteranno fuori dalla crisi, che ministri e soci abbiano le competenze, i titoli e le benemerenze per condurre in sicurezza la settima potenza del mondo che rischia d’affondare. Eppure sulla scuola vediamo quel che succede, tra le Regioni pure, con le cancellerie del mondo non ne parliamo, sui provvedimenti dell’economia siamo allo sbando. Da gennaio, quando del virus si annunciava tutto, siamo sprofondati in un pozzo buio e profondo, come nella regione francese di Artois, artesiano. Che piaccia o meno è questa la realtà, quello che si tocca con mano, un Paese sbandato, fuggito ad ogni controllo, una sorta di anarchia dove ognuno dice la sua, annuncia e smentisce, dichiara e ritratta, promette e rinnega, gioca i numeri del lotto sperando di evitare il botto. Pensate ai 100 miliardi bruciati, una montagna di debito aggiunto che non ha sortito alcun effetto, nemmeno psicologico, perché sia chiaro, se è vero che i risultati veri si vedono col tempo, quelli apparenti dovuti alla rimonta della fiducia appaiono prima.

Il portafoglio si sa, dipende più dalla testa che dalla moneta che detiene, se ci fosse stato un recupero di ottimismo sugli interventi dei Dpcm, si fosse innescato un po’ d’azzurro nei pensieri, un minimo, i consumi, gli investimenti, la velocità di circolazione del denaro, l’avrebbero segnalato, invece zero, anzi peggiora. Ecco perché diciamo che anche quelli che pensano di averla passata liscia, ci riferiamo all’apparato statale, l’enormità d’impiego pubblico, quei milioni dal bonifico mensile garantito, che della crisi non hanno visto niente, anzi se ne sono avvantaggiati restando a casa col pc e forse il cappuccino sul tavolino, devono pensare. Devono pensare perché i soldi per pagare il pubblico vengono dal lavoro del privato, dai sacrifici di chi alza la serranda, rischia in proprio, assume per produrre vendere e incassare, mette cuore e sudore per guadagnare, è così che nasce il Pil e la ricchezza di un Paese che con le tasse poi copre le spese. Ma se il segmento produttivo va a rotoli, le aziende, gli autonomi, gli artigiani, i commercianti, gli operatori economici in generale, chiudono baracca e burattini perché non ce la fanno, lo Stato non li sostiene, non li aiuta concretamente a resistere e tenere, non gli crea le condizioni a ripartire, salta la cucuzza assieme al cucuzzaro.

Per questo è dall’inizio che disperatamente abbiamo scritto della necessità di un intervento sulla spesa pubblica, di un travaso del troppo verso il poco, di un trasferimento di risorse dallo spreco al necessario, di una rimodulazione temporanea degli sperperi di Stato a favore del segmento privato, guardate si tratta di decine e decine di miliardi mica bruscolini e ad invarianza di bilancio. Del resto, qualsiasi buon padre di famiglia l’avrebbe fatto, anziché premiare alcuni figli lasciando gli altri morire di fame come è successo coi giallorossi che hanno spaccato in due il paese, da una parte l’apparato pubblico garantito e dall’altra quello privato trascurato o risarcito di una miseria. Per non dire che aver dirottato dei 100 miliardi la gran parte in assistenza è stata una scemenza, perché non fa leva, non sostiene gli investimenti e nemmeno più di tanto i consumi, visto che l’assistito in quanto tale tende comunque a risparmiare, a lesinare per paura del futuro. Ecco il motivo per cui parliamo di incoscienti, ignoranti, incapaci alla guida della settima potenza del mondo, se avessero avuto contezza e coscienza, capacità ed esperienza, avrebbero seguito il consiglio di Mario Draghi e di una quantità di esperti, sulla messa a frutto intelligente del debito, della spesa, sull’utilizzo redditizio del deficit spending, altroché bonus, reddito sul divano, quota 100 e monopattini cinesi e pericolosi.

Cominciassero a pensare pure gli statali, ci riferiamo ai furbetti, forse ai raccomandati, agli enti inutili, alle municipalizzate brucia soldi, agli scalda poltrone nei dipartimenti inventati ad hoc, a quelli della metafora di Checco Zalone, ai burocrati con stipendi da sceicco, ai consulenti a gogò, a quelli degli uffici sempre chiusi che per andarci devi chiedere il permesso non retribuito per volte e volte. Le casse prima o poi si svuotano, il debito non può essere infinito, i mercati mica sono scemi, senza economia reale il Paese finisce male. Messi come siamo in autunno sarà l’inferno e che il Recovery se non c’è il cervello anziché la cura sarà un’altra malattia. L’Italia non può più essere divisa in due, tra Nord e Sud, statali al caldo e privati al gelo, serve un governo che sappia capire, intervenire dove serve, studiare un piano, fare scelte coraggiose, dal fisco al lavoro, dai sostegni agli impegni, dalla revisione della spesa ai vantaggi per l’impresa. Per questo cari amici, concittadini, cari italiani, a tutti voi e con passione ricordiamo, settembre arriva è tempo di cambiare perché l’Italia ancora si può salvare, intelligenti pauca.

Aggiornato il 02 settembre 2020 alle ore 10:22