Democratici a chiacchiere

In questi giorni – come fossero dei rigattieri ideologici – molti brigano per accaparrarsi la chincaglieria ideale appartenuta al fu Partito Comunista di Enrico Berlinguer.

Non si capisce per quale strano motivo questo nostro benedetto Pase debba vivere con il torcicollo. È come se delle problematiche economiche e sociali dei giorni nostri ce ne impipassimo onde poi metterci a correre come dei furetti sulla ruota quando si parla di fascismo, comunismo e ninnoli vari che tanto ci piacciono. Siamo dei tombaroli degli ideali, degli accumulatori seriali di ideologie antiche. E infatti i risultati si vedono: un Paese senza opinioni sul futuro ma con tantissime cose da dire sul passato.

Non cadremo anche noi nella dissertazione su Enrico Berlinguer e sugli anni Settanta/Ottanta anche perché il debito pubblico è lì sotto gli occhi di tutti a dimostrare che, se non ci fosse stata la pressione dell’allora Partito Comunista – che agitava le piazze chiedendo spesa pubblica – forse il pentapartito non avrebbe accumulato tutto questo debito per arginare la pressione elettorale della sinistra piazzaiola. Non c’è molto da gioire delle cosiddette conquiste sociali degli anni passati perché esse sono state elargite con i soldi delle nuove generazioni.

Ma questo ai nostalgici non puoi dirlo perché rischieresti di farli incazzare. Loro sono cristallizzati a quell’era glaciale e non vedono nulla. Il muro di Berlino è caduto? Quella era solo una applicazione distorta di un imperituro ideale. Berlinguer? Non lo nominare nemmeno perché era un santo e basta. Le conquiste sociali di cui paghiamo le conseguenze? Colpa della Democrazia Cristiana, il Pci ha solo difeso i lavoratori e il progresso sociale (in realtà al progresso sociale ci ha pensato Marco Pannella).

Loro sono fermi a “bella ciao”, alla piazza, alla sana protesta di popolo, a tutti gli sfigati della terra (avessero mai fornito una soluzione per aiutarli), al Compagno Fidel che ha combattuto l’imperialismo (non ditegli che è morto e che Cuba sta diventando un grande villaggio turistico-imperialista).

Dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno loro usano sempre gli stessi arnesi retorici, sempre le stesse argomentazioni, sempre gli stessi riti da comizianti, sempre le stesse riunioni che somigliano ai vecchi “comitatidelotta”, sempre gli stessi cineforum, sempre lo stesso atteggiamento tra l’emaciato e l’intimista depresso. Anche sempre le stesse ipocrite e sguaiate sparate di piazza: da un lato si invoca la libertà e la democrazia e dall’altro si impedisce all’avversario di esercitare quella stessa libertà e democrazia.

Lo abbiamo visto con le Sardine che impedivano a Matteo Salvini di tenere comizi, lo vediamo oggi con Susanna Ceccardi che non ha potuto parlare liberamente a Livorno perché contestata dai fascistissimi antifascisti e lo abbiamo visto in mille altri casi.

Voi pensate che sia sofisticata guerriglia urbana che resiste solo nei grandi centri? Sbagliate, perché in un paese di diecimila anime in provincia di Taranto – Lizzano – quasi sconosciuto alle cartine geografiche, è successa una cosa simile: la parrocchia locale ha organizzato un rosario contro “le insidie che minacciano la famiglia tra cui la legge sull’omotransfobia”. Che sia una bella cosa o una pessima cosa, i fedeli volevano incontrarsi per invocare l’aiuto del Santissimo contro una legge che – a esclusivo parer loro – è una iattura per l’umanità. La cosa si è resa problematica perché le solite bandiere arcobaleno, i soliti pacifisti a corrente alternata, hanno pensato bene di manifestare (schiamazzare) impedendo di fatto che ognuno professasse le proprie cavolo di convinzioni. Cioè, se io voglio una legge arcobaleno sono una specie di intoccabile a tutela del quale valgono anche i reati di opinione (se ne parli male, ti becchi una denuncia). Se invece tu vuoi farti un incontro di preghiera per scongiurare una legge (a tuo avviso) sciagurata, io farò di tutto per impedirtelo. Qualcuno chiama i carabinieri, i quali giungono sul posto e cominciano a prendere le generalità degli arcobaleni schiamazzanti. Interviene a questo punto Antonietta D’Oria – il sindaco – la quale elargisce un sonoro cazziatone ai carabinieri, rei di aver preso le generalità dei manifestanti. “Cosa state facendo”, esclama, “l’Italia non è il Vaticano, manifestare è un diritto dei cittadini e non esiste giustificazione alcuna all’identificazione”. I carabinieri rispondono che stanno identificando i manifestanti per ragioni di pubblica sicurezza. “Iniziate allora con l’identificare quelli che sono in chiesa”, esclama il sindaco. Quelli in chiesa, quelli non omologati, quelli che volevano pregare in santa pace senza dare fastidio a nessuno, possono anche essere identificati (sulla scorta di quale reato non si capisce). Quelli che fanno baccano in piazza invece no. In altri termini, quello che dici tu non mi piace e quindi non puoi dirlo. Quello che dico io ti deve piacere e lo professerò con l’aggressività di chi evidentemente si trova a dover imporre idee per giunta deboli. Qui non ci interessa chi abbia torto o chi abbia ragione o il contenuto della Legge arcobaleno. Se i fatti sono andati così come riportati dagli organi di stampa locali, qui siamo di fronte alla solita prepotenza di chi si professa democratico solo a parole.

Aggiornato il 17 luglio 2020 alle ore 11:17