Che sia chiaro, quando la gente capirà definitivamente di essere finiti in mano agli incapaci, incoscienti come da vocabolario dell’italiano, potrà succedere di tutto e a poco serve ricordare la pazienza inenarrabile di un popolo che tende a sopportare sempre e comunque.
Mai infatti nella storia del nostro Paese si è corsi dritti dritti verso il baratro come ora. Inutile girarci intorno, cercare di illudere, posticipare, sperare che lo stellone piuttosto che l’Europa coi suoi aiuti, tutti ancora da vedere, possano salvarci se l’Italia resta in mano ai giallorossi. Da una crisi tanto gigantesca, eccezionale, si può uscire infatti solo a certe condizioni, perché l’economia non è il monopoli da fare in compagnia e senza idee, competenza e strategia, senza soldi e coscienza della gravità saltare in aria diventa una realtà.
Parliamoci chiaro, in America c’è la Fed, in Inghilterra la Banca centrale come in Giappone e come in Cina, da noi in Europa c’è la Banca centrale europea che non è paragonabile alle altre, perché la Ue non è uno Stato sovrano e Francoforte non stampa moneta a piacimento ma è legata al suo statuto e alle decisioni di 28 Stati diversi in tutto per esigenze e salute economica sociale. Insomma, non prendiamoci in giro, l’autonomia totale della Bce è fantasia, lo stiamo vedendo tutti i giorni da quando è esplosa la pandemia, perché dietro il bazooka sbandierato c’è il frutto di estenuanti mediazioni, discussioni, compromessi e concessioni, dei Paesi più forti a partire dalla Germania. Per farla breve, tutto il sistema di finanziamento, erogazioni, acquisizioni e quanto altro, non solo non è diretto ma è il frutto complicato da limiti e incastri nel consesso europeo che lo condizionano e obbligano a misure che per le vere banche di ultima istanza non esistono.
Tanto è vero che nella precedente crisi dei subprime, diversa e meno imponente di questa da Covid-19, ci volle tutta la capacità di Mario Draghi, in aperto contrasto coi frugali e con Jens Weidmann, per porre in essere strumenti di finanziamento non convenzionali, indiretti e non previsti. È questa la ragione per cui in Europa sui finanziamenti si vive di sigle strane, di trattati sul credito comune, di acronimi nati come funghi. Fateci caso, se in America, in Inghilterra, in Giappone oppure in Cina succeda altrettanto sulle sigle, i nomi e i tempi del finanziamento. Ovviamente no. Una vera banca centrale di fronte ad un’emergenza tale da far saltare il banco dell’economia, insomma del sistema, interviene e su semplice richiesta dello Stato stampa e basta, fornisce liquidità immediata per quanto necessario, immensa che sia la dimensione, punto. Del resto nella crisi devastante dovuta al crollo della Borsa nel 1929 in America, se Roosevelt non avesse avuto la Fed dietro le spalle, addio New Deal. Insomma, se poco poco gli Usa fossero stati come la Ue e la Fed come la Bce, Oltreoceano altro che furore di John Steinbeck sarebbe accaduto. Tutto questo che vuol dire? Ebbene, vuol dire che in Europa, per quanto faccia la Bce, molto dipende sia dalla situazione economica di partenza dei vari Paesi e sia dalla strategia di contrasto individuale alla crisi che mettono in campo, perché da sola la Bce non basterà mai. Inutile dire che da noi non solo la situazione di partenza, cioè allo scoppio del virus era già complicata, ma con l’impreparazione, l’incoscienza e l’ignoranza giallorossa, sempre da vocabolario, è diventata oggi drammatica per non dire terminale.
In questi mesi, infatti, per via di provvedimenti scriteriati il Conte-bis ha bruciato 85 miliardi senza che la curva del Pil se ne accorgesse, tanto è vero che Confindustria, autonomi, artigiani, commercianti, agricoltori, ristoratori e albergatori sono furibondi e vicini alla rivolta, per non dire delle centinaia di migliaia di posti pronti a saltare e di milioni di cittadini che non riescono più a campare. In questi mesi il Conte-bis anziché mettere allo sgobbo ministri e consulenti per revisionare la spesa eliminando l’inutile, lo spreco di decine e decine di miliardi, per indirizzarlo verso il sostegno alla produzione, ai consumi e all’occupazione non virtuale, ha continuato ad elargire costi da sceicco, bonus ridicoli, assistenza clientelare, statalismo elettorale, Autostrade compresa. In questi mesi, Conte, anziché mettere al lavoro la sua squadra per elaborare un piano straordinario da avviare subito, di recupero interno di risorse, shock fiscale, burocratico, infrastrutturale, ha messo insieme una task force per il pianeta, una passerella a Villa Pamphili sull’universo mondo, emanato Dpcm da Odissea, celebrato conferenze di successi inesistenti, mentre il Pil tende al meno 12, il debito al 170 per cento, l’Inps al collasso di liquidità e le casse al fondo del barile. Qui non si tratta di pessimismo cosmico, di antagonismo per i cattocomunisti e i grillini, si tratta di numeri, di realtà, di verità; qui ci giochiamo il Paese mica la pizza, ecco perché diciamo basta coi giallorossi e basta subito, ora, adesso. Al Paese serve prima di tutto uno shock democratico che solo il voto gli può dare, elezioni, per mettere un Governo vero con una maggioranza vera con un programma vero pronto a scattare; serve un Governo coeso e forte che sappia mettersi sulle spalle l’Italia per portarla fuori dall’imbuto drammatico nel quale i giallorossi l’hanno cacciata. Serve un Esecutivo sostenuto da una maggioranza ampia e armonica che abbia una strategia per l’economia, l’occupazione, il rilancio della produzione; insomma serve una scossa e un cambiamento tale che solo il voto democratico può dare, altrimenti finisce male e si rischia veramente di saltare.
Aggiornato il 17 luglio 2020 alle ore 11:16