
I concessionari autostradali sono da sempre gli elemosinieri delle formazioni politiche al Governo. Perché la grande liquidità di denaro di cui godono dipende direttamente dalle concessioni ottenute dai referenti politici e non esiste al mondo alcuna società disposta a perdere vantaggi e benefici di tali entità rinunciando a compiere un qualche atto di liberale riconoscenza nei confronti dei propri benefattori. Posta in questi termini la questione Autostrade sembra di semplice soluzione. Non è forse vero che i Benetton sono da sempre tra i più generosi sostenitori del Partito Democratico? Dunque, dicono gli esponenti del Movimento Cinque Stelle, si proceda alla punizione esemplare dei reprobi finanziatori degli scomodi alleati e si chiuda la partita in nome della virtù ritrovata e della soddisfazione data alla richiesta popolare di vendetta per le vittime del Ponte Morandi.
Ma una visione così moral-giustizialista della vicenda Autostrade impedisce di comprendere come le soluzioni ispirate ad una giustizia sommaria non suffragata da sentenze giudiziarie possano determinare automaticamente conseguenze di estrema gravità. La prima di queste conseguenze è di ordine materiale e comporta il rischio che lo Stato, cioè tutti i contribuenti, siano chiamati a pagare dei risarcimenti miliardari per scelte suffragate solo da valutazioni moral-giustizialiste e non da sentenze passate in giudicato. La seconda è rappresentata dalla perdita di credibilità di un Paese che non rispetta gli impegni ma li cambia e li annulla a seconda degli umori politici prevalenti.
Si dirà che le due faccende non possono interessare i fautori della linea della punizione sommaria. Perché a pagare i risarcimenti sarà chiamato sempre lo Stato Pantalone e la perdita di credibilità sarà sempre istituzionale e mai personale.
Chissà se la faccenda potesse cambiare e se il danno erariale potesse scattare anche per le decisioni politiche!
Aggiornato il 15 luglio 2020 alle ore 14:10