Gradi e mostrine delle divise di carabinieri, della Finanza e dello Stato maggiore dell’Aeronautica rigorosamente fabbricati in Cina, magari con materiali plastici tossici, e venduti in Italia come se fossero nostre manifatture.
L’inchiesta sulle presunte ruberie nelle forniture all’esercito ha rivelato ieri anche questa cosa che sembra un po’ il segno dei tempi. Nell’Italia dei governanti amici di tutti i regimi che sono tradizionalmente nemici dell’Occidente – Cina, Iran e Venezuela – e da cui vengono forse anche poco chiari finanziamenti a questo tipo di politica, come stupirsi se anche i maggiori dei carabinieri e della finanza addetti al settore logistico facciano la cresta sugli appalti per le forniture facendo fare in Cina (e in Albania) ciò che dovrebbe essere rigorosamente made in Italy?
Tra gli accusati, infatti, ecco un maggiore dei carabinieri, un generale ispettore dell’Aeronautica militare, un colonnello in servizio all’aeroporto di Pratica di Mare, un brigadiere capo della Guardia di finanza finito ai domiciliari, e infine due colonnelli, un tenente e un brigadiere generale dell’Aeronautica militare. In pratica una piccola lobby militare verosimilmente contigua a ditte e fornitori anche per la pessima abitudine da parte di questi ultimi di reclutare ex graduati di Esercito, carabinieri ed Aeronautica come consulenti dopo la loro andata in pensione. O dopo comunque l’abbandono della carriera militare.
Delle belle “sine curae” – spesso retribuite in nero – che trasformano ex servitori dello Stato in affaristi senza scrupoli. L’Italia a Cinque Stelle, insomma, diventa per davvero una commedia all’italiana dove l’onestà è solo uno slogan per i gonzi mentre il conflitto di interessi diventa la bandiera nazionale.
Ma tanto per quelli di bocca buona ci sono sempre i giornali come il “Fatto” che cercano di fare credere ai lettori che il problema sia Silvio Berlusconi.
E allora dopo i giocattoli tossici cinesi, le imitazioni di ogni apparecchio elettronico possibile, il 5G a rischio spionaggio industriale e politico e le tecnologie che “riferiscono a Pechino”, becchiamoci anche i gradi militari made in China. Ecco che succede in un Paese da operetta, per giunta diretta da un maestro con il curriculum un po’ gonfiato.
Aggiornato il 10 luglio 2020 alle ore 14:28