Avviati all’oscurantismo

Partiamo dalle cose semplici: ogni forma di discriminazione è, prima di tutto, un’idiozia.

Mica tanto, pensandoci bene.

In sé, differenziare il trattamento riservato a cose o persone, non è sempre e necessariamente sbagliato. Anzi: pensandoci meglio, tutta la nostra vita si basa su scelte che finiscono con l’agevolare una soluzione rispetto ad un’altra. Dove sta, allora, il vizio da rimuovere a tutti i costi, addirittura imponendo divieti corroborati da temibili sanzioni penali? Sta nel fatto che noi riteniamo ingiuste soltanto le discriminazioni che ci paiono – ho detto: ci paiono, non “sono”, perché, vedremo, essere obiettivi è impossibile – irragionevoli o immorali. Qui, cominciano i guai.

Sulla ragionevolezza, infatti, possiamo discutere. Sulla moralità, no.

Irragionevole, ad esempio, è assegnare una cattedra universitaria ad un analfabeta, perché, in questo, non è vero che “uno vale uno”. Una base oggettiva, sotto questo profilo, è individuabile.

Il giudizio fondato su valutazioni etiche, invece, è pericoloso. Forse, è perfino peggiore della discriminazione che tanto ci fa inorridire.

La spiegazione? Eccola qui.

Fa inorridire perché si fonda su categorie che nascono da giudizi opinabili, tutt’affatto oggettivi e suscettibili di molte interpretazioni. Fa inorridire perché, trasformando in illecito penale dei semplici giudizi di disvalore, selezionati da chi scrive la legge, apre le porte ai Tribunali etici, quelli in cui i fatti sono misurati sulla scorta dei giudizi etici. E si traduce in una forma di discriminazione ancora più insidiosa. Senza rendercene conto, stiamo scivolando nell’oscurantismo più cupo; stiamo diventando come coloro che vorremmo contrastare. Ma, soprattutto, stiamo diventando irragionevoli.

La mia battaglia contro i reati di opinione, a questo punto, è persa.

Hanno vinto i cretini.

Aggiornato il 01 luglio 2020 alle ore 09:37