Il fantasma della libertà

C’è un’orda anti-libertaria, in giro per l’Occidente, che torna all’attacco. Se la prende con la memoria storica. Questa Internazionale del nichilismo non ha confini né decenza: s’infila in ogni vicenda di ordine pubblico che si presti ad essere strumentalizzata e ne fa un’occasione di propaganda ideologica. Per i sovversivi della Memoria il momento è propizio. A causa della crisi pandemica in tutto l’Occidente, la gente comune è presa a combattere per sopravvivere. In uno scenario in cui l’interesse prevalente per molte famiglie sia di assicurarsi due pasti giornalieri, chi volete che presti attenzione alle subdole manovre dei nemici della libertà? L’onda liberticida ha però bisogno di un fattore scatenante perché dispieghi tutto il suo potenziale distruttivo. Richiede una lettura palindromica della teoria del caos: perché un tornado travolga il Texas è necessario che una farfalla batta le ali in Brasile. E l’evento principiale (l’in principium) che mettesse in moto la catena di eventi, di cui si stanno rendendo protagonisti i talebani d’Occidente, c’è stato e porta il nome di George Floyd, da Minneapolis, il cittadino statunitense di origini afroamericane brutalmente ucciso da un agente di polizia lo scorso 25 maggio.

In altri momenti sarebbe stato derubricato a un doloroso fatto di cronaca. Invece, messo nelle mani sapienti dei negazionisti della Storia è stato trasformato nel casus belli, l’evergreen della demagogia sinistrorsa: il razzismo. L’incendio della rivolta è divampato al grido: “Black Lives Matter” (Blm, le vite dei neri contano). Dalla violenza nelle strade si è passati all’azione preferita dal progressismo dogmatico: la cancellazione della memoria con l’abbattimento a Bristol della statua in bronzo dedicata al mercante e commerciante di schiavi africani Edward Colston. Negli Stati Uniti altre statue rischiano di fare la medesima brutta fine. Lo ha promesso la speaker statunitense della Camera dei rappresentanti, Nancy Pelosi, nell’annunciare l’intenzione di far rimuovere dalle sale del Congresso tutte le statue dei confederati. Ma non è a rischio solo l’arte figurativa. Si rovista nel baule della settima musa per fare un repulisti di opere politicamente scorrette. A farne per primo le spese è il capolavoro della cinematografia di tutti i tempi: Via col vento che la Hbo Max ha deciso di rimuovere dal suo catalogo a causa del contenuto giudicato razzista. La pellicola, datata 1939, ha vinto otto oscar; la frase finale del film “Dopotutto, domani è un altro giorno” pronunciata dalla protagonista, Rossella O’Hara, è entrata nel linguaggio comune con la medesima forza significante che aveva nel film.

La storia narrata è un affresco di un’epoca, è memoria di una stagione di sangue, è parte viva dell’epopea americana. Ma da domani non potrà più esserlo perché i sovversivi della Memoria l’hanno censurata. L’onda liberticida ha attraversato l’Oceano approdando sulle sponde del Vecchio Continente. I sicari delle Storia americana hanno chiamato e i loro compari europei hanno prontamente risposto. A Londra, il sindaco Sadiq Khan, di origini pakistane (sarà un caso?), ha dichiarato di voler riscrivere la storia dell’Impero britannico attraverso una selezione dei monumenti installati nella capitale. Via le statue che celebrano i personaggi macchiatisi di comportamenti razzisti e schiavisti e spazio agli illuminati dal multiculturalismo. Una commissione ipocritamente chiamata “delle diversità” farà il lavoro sporco della censura per conto del sindaco di Londra che si arroga il diritto di decidere, ex post, ciò che sia stato bene e quel che sia stato male della Storia del suo Paese. A stretto rigore, se la Commissione facesse fino in fondo il suo dovere in Gran Bretagna non vi sarebbe più una statua o un dipinto celebrativo da ammirare perché, nei secoli, la politica colonialista britannica ha fatto perno sullo schiavismo e sull’assoggettamento delle popolazioni dei territori conquistati. Potrà non piacere, ma è il passato sul quale è stato eretto il faro della democrazia occidentale.

Quale magico costruttore riesce a edificare l’opera servendosi di pietre perfettamente squadrate dalla natura? Che sia scalpellino o scultore il meglio lo tira fuori sgrossando la pietra grezza. È, tuttavia, un processo di lavorazione che comporta errori e colpi a vuoto. Non è cancellando le tracce degli errori compiuti che si serve la nobile causa della verità a meno che non si coltivi la diabolica rimozione del passato per far perdere la memoria ai contemporanei; per imporre attraverso la negazione della Storia un nuovo credo assoluto, infallibile; per fare tabula rasa allo scopo di potervi incidere il primo comandamento della religione progressista: Non avrai altro Dio all’infuori di quello multiculturalista. Il medesimo credo violento, cieco, liberticida che vorrebbero imporre anche in Italia i “Sentinelli di Milano”, bizzarri figuri sinistrorsi che dalla vetrina di Facebook chiedono al sindaco della città ambrosiana la rimozione della statua dedicata a Indro Montanelli e il connesso cambio di titolazione dei giardini pubblici di Via Palestro. La colpa di cui si sarebbe macchiato Montanelli sarebbe stata di essersi servito in gioventù, da militare, dei servizi di una giovanetta etiope, sposata secondo le usanze del posto, che durante “l’aggressione del regime fascista all’Etiopia” (valutazione storica dei Sentinelli) gli faceva da schiava sessuale.

Montanelli è stato figlio e interprete del suo tempo, ma per i Sentinelli merita tre volte la Damnatio memoriae: perché autore di un mercimonio sessuale ai danni di una minorenne, perché aggressore colonialista, perché fascista. Per i sovversivi della Memoria il ricordo dovrebbe essere riservato solo agli eroi della sinistra, agli antifascisti, ai portatori della verità del comunismo e del socialismo reale. A prescindere dalle pecche private, tante, di cui si sono resi protagonisti i medesimi eroi che essi celebrano. D’altro canto, di cosa stupirsi? In passato era stata l’icona di questa soldataglia anti-libertaria, la mitica Laura Boldrini, a tentare la castrazione dei monumenti storici italiani mediante la rimozione delle scritte e dei simboli evocanti il ventennio fascista e la figura del Duce.

All’epoca, furono i compagni di coalizione a fermarne la furia iconoclasta. Ma i propugnatori della memoria selettiva, nemici della Storia e della tradizione, sono camaleontici: cambiano vesti e posture ma nel profondo restano fedeli a se stessi. Uguale pensiero autoritario, stesso odio per l’altrui libertà, medesimo astio per l’arte che spalanca i cancelli del passato. I “Sentinelli” come il sindaco di Londra; come i rivoltosi statunitensi; come i talebani afghani che nel 2001 su ordine del Mullah Omar fecero saltare a colpi di dinamite le gigantesche statue dei Buddha di Bamyan nei pressi di Kabul; come gli assassini dell’Is, lo Stato islamico, che nel 2015, in Siria, demolirono parte del sito archeologico di età romana di Palmira. Tale è l’idea di libertà dei malacarne multiculturalisti: il potere di negarla a chi ha un pensiero altro, divergente e nutre un legame sentimentale con i chiaroscuri della Storia.

Aggiornato il 11 giugno 2020 alle ore 10:42