
Giuseppe Conte e i suoi ministri hanno ben presto imparato quale sia la caratteristica indispensabile per durare a lungo in politica: mentire spudoratamente. La politica italiana si muove secondo uno strano automatismo in base al quale ciò che viene detto è automaticamente vero tanto nessuno avrà mai la pazienza di verificare. Loro la sparano nel mucchio e poi si vedrà. Lo hanno fatto con le manovre poderose che spargevano a piene mani finti miliardi sul Paese, lo hanno fatto con le lacrime di Teresa Bellanova all’atto del lancio del provvedimento esclusivamente ideologico sulla sanatoria dei migranti in agricoltura che sta scivolando in un flop (poche adesioni e tante problematiche), lo hanno fatto con la redistribuzione dei migranti (solo 464 migranti redistribuiti a fronte di migliaia di sbarchi), lo hanno fatto con le tafazzate di Lucia Azzolina sulla scuola e con gli scivoloni organizzativi della Protezione civile degni del miglior Fantozzi.
Se è vero quindi che le bugie in politica sono determinanti per la permanenza al governo, è altrettanto vero che non bisogna mai eccedere perché altrimenti – prima o poi – viene giù tutto. Ed è proprio per questo che nella maggioranza ci sono due forze uguali e contrarie: il premier che pensa al prima (cioè a preservare la legislatura) e la compagine parlamentare che pensa al poi, ossia a non pagare uno scotto troppo doloroso in occasione delle elezioni, che un giorno dovranno pur esserci e che sanciranno il tracollo di chi ha tenuto in vita questo governo palesemente inadeguato.
In questo momento Giuseppe Conte è tranquillo: la pandemia, la mancanza di alternative e la paura delle urne sono una vera e propria assicurazione sulla vita del suo Esecutivo. Coloro che invece hanno il sonno rovinato dai sondaggi impietosi sono i Partiti a sostegno della maggioranza (in primis Nicola Zingaretti e Matteo Renzi): se sfrattano Rocco Casalino e i suoi Grandi Fratelli da Palazzo Chigi muoiono e se non lo fanno invece tirano a campare per poi morire male dopo. E per questo stanno immobili come un geco sul muro nella speranza che non arrivi la classica botta di scopa. Ma sono preoccupati di brutto e lo si evince dal discorso di Nicola Zingaretti alla direzione del suo Partito: Zinga ciancia, tra il detto e il non detto, di svolta” da imprimere “con gli alleati” perché “siamo a un momento cruciale in cui si giocano i destini della legislatura e il futuro” del Paese (il suo), che potrà essere una “Italietta” oppure “cambiare tutto”. Il rapporto con il premier Giuseppe Conte, di cui si è molto chiacchierato negli ultimi giorni? “Nessuna contrapposizione”. Ma, urge, “la necessità per tutti di un salto di qualità” che dovrà assolutamente fare questa coalizione la quale “è l’unica che può stare insieme, non vedo alternative”.
Infine un appello agli alleati a “non ostacolate intese elettorali antidestra”. Segue un lungo elenco di progetti irrealizzabili da portare a termine entro la legislatura. A noi pare che il vero discorso di Zingaretti potrebbe essere virgolettato in questo modo: “Cari compagni, siamo ostaggio di un governo di incompetenti. Lo sapevamo ma pensavamo di poter teleguidare questi ebetini limitando i danni e lucrando consensi. Ci siamo invece ritrovati a governare con degli asini per giunta presuntuosi. Ma, quando avevamo perso le speranze, la pandemia era giunta salvifica a regalarci nuova fiducia di poter sguazzare in uno scenario emergenziale con provvedimenti gigioni. Non ci siamo riusciti perché Conte si è messo a fare la prima donna immaginando per sé un futuro politico alla Mario Monti (in versione di successo) ma anche perché noi ci siamo riscoperti drammaticamente inadeguati tanto quanto i Cinquestelle. Siamo in trappola, in ostaggio di Peppe Conte e non possiamo nemmeno tanto agitare la necessità di un governo in chiave anti-Salvini perché lo scandalo Palamara ci ha definitivamente sputtanati.
Incrociamo le dita, navighiamo a vista e saltiamo su qualunque carro possa sembrare vincente nella speranza che una botta di fortuna ci possa restituire un minimo di consenso. Salvo miracoli, alle prossime elezioni quelli del centrodestra (che non sono manco tanto bravi, ndr) ci faranno un mazzo come una capanna: cerchiamo di fare un’ammucchiata in modo da socializzare le perdite e presentarci la sera delle elezioni dicendo che abbiamo perso ma manco tanto senza essere presi a pernacchie. Qualcuno dica a Giuseppe Conte (e a coloro che gli stanno preparando il nuovo partito) di non fare fughe in avanti e di non mettersi in solitaria perché altrimenti prevedo un bagno di sangue. Adesso attaccatevi al telefono e richiamate tutti: giornalisti in servizio permanente, musici, quelli de curtura, Moni Ovadia, qualcuno che possa tirare fuori un avviso di garanzia a un leghista, il Compagno Papa. Tutti. E consigliate a Sergio Mattarella di continuare a non esporsi e di affacciarsi nei tg con quelle belle immagini che lo ritraggono pensieroso alla scrivania con il capo chino sui documenti. Che il nostro proverbiale tafanario ci assista. Ce po’ aiutà solo quello”.
Aggiornato il 10 giugno 2020 alle ore 11:21