Un Paese di prepotenti dove l’unica legge è quella del doppiopesismo.
Adesso i magistrati di Perugia, fonte “La Verità” di oggi in edicola con un articolo del vicedirettore Giacomo Amadori, ci fa sapere che i giudici umbri sarebbero orientati a distruggere tutte le bobine originali dei dialoghi intercettati dal famosissimo “trojan” installato a suo tempo nel cellulare dell’ex componente del Consiglio superiore della magistratura, Luca Palamara.
I cui difensori avevano chiesto – insieme ad altre parti del procedimento – di avere accesso a questi atti per decidere cosa potesse essere utile alla rispettiva strategia di difesa. E che invece si sono sentiti rispondere picche. Nel senso che potranno esaminare in apposite gabbie insonorizzate queste conversazioni senza poterne estrarre copia e ottenere solo le trascrizioni – da cui spesso non si può evincere il tono magari scherzoso delle conversazioni – ritenute utili.
In compenso, tutti conosciamo quel che si sono detti i parlamentari Luca Lotti e Cosimo Maria Ferri ancor prima che queste conversazioni venissero messe a disposizione delle parti. Due pesi e due misure, insomma.
Quando certi dialoghi possono imbarazzare le toghe di mezza Italia, magari anche quelle che oggi fanno le moraliste proprio contro Palamara, allora scattano le garanzie della Costituzione.
In tutti gli altri casi vige appunto la prepotenza della merda nel ventilatore. In un simile clima di ingiustizia conclamata ed esibita c’è da stupirsi se gli italiani non si fidano più delle istituzioni, Governo e magistratura in primis? C’è da stupirsi se su 150 mila persone interpellate dall’Istat per il famoso test sierologico sul Covid-19, solo in 17mila abbiano risposto di sì, mentre gli altri hanno riattaccato il telefono in faccia agli addetti del call center dell’Istat, facendo il famoso gesto dell’ombrello?
Aggiornato il 10 giugno 2020 alle ore 12:09