
Nella lontana metà degli anni Settanta, Salvatore Satta, giurista assolutamente geniale e coraggiosamente propenso a dire la verità in pubblico, e perciò anche sulle riviste specializzate, se ne fece una tutta sua e la chiamò “Quaderni del diritto e del processo civile”.
Praticamente se la scriveva da solo, per il semplice motivo che ben pochi suoi colleghi, pur valenti ed apprezzati giuristi, intendevano condividerne la spregiudicatezza e l’ardimento intellettuale, che invece in lui altro non erano che le dimensioni costitutive della sua coscienza morale e giuridica.
Ne uscirono ovviamente pochi numeri – appena sei – come non poteva non essere; eppure, se gli studenti di giurisprudenza – invece di assopirsi su noiosissimi tomi ripieni del nulla o faticare per decodificare una massima della Cassazione di sedici righe, ma senza neppure un punto e virgola – dedicassero ancor oggi un poco di tempo alle pagine di questa rivista, la loro mente si aprirebbe.
Ma cosa scriveva Satta di tanto interessante? Scriveva la verità delle cose, che a lui e ad altri – che però preferivano tacere – appariva già chiara e manifesta e cioè che il Consiglio Superiore della Magistratura era organo che, invece di difendere l’indipendenza dei magistrati, di questa indipendenza costituiva la minaccia più concreta.
Profetiche parole quelle di Satta e soprattutto vere.
Infatti, già a quel tempo, le correnti, nate da pochi anni, erano operative e facevano sentire i loro nefandi effetti sulla organizzazione dell’amministrazione della giustizia: e Satta non poteva che denunciare questo pericolo gravissimo, vedendo non solo i guasti di quel momento ma anche quelli futuri che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Il più grave sta nel fatto che appunto il Csm quale organo costituzionale ha tralignato dalle proprie funzioni, in quanto gravemente contaminato dalle correnti contrapposte e dalla loro inarrestabile contesa accaparratrice.
In questa situazione, oggi palese, sostengo che il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, non solo abbia il potere di sciogliere il Csm, ma, contrariamente al parere di tutti i costituzionalisti, ne abbia perfino l’obbligo.
La legge, in proposito, stabilisce soltanto che egli può sciogliere il Csm nel caso di suo non funzionamento. Da questa disposizione, i costituzionalisti desumono che, siccome dal punto di vista pratico – cioè numerico – il Csm, nonostante gli scandali, le dimissioni e le successive integrazioni, ancora sia in grado di funzionare, cioè di esprimere una valida maggioranza, qualunque essa sia, allora Mattarella non possa scioglierlo.
Però, non ci vuol molto a capire che il Csm, in quanto organo di rango pienamente costituzionale, non è per nulla parificabile ad una assemblea di condominio o ad un consiglio di amministrazione di una società, ove si bada essenzialmente alla possibilità di comporre delle maggioranze, in grado di garantire il loro funzionamento.
Infatti, requisito fondamentale di ogni organo costituzionale (Governo, Parlamento ecc.) è la sua credibilità sociale e politica ed è proprio per questo che il suo “funzionamento” è costituito anche da questa dimensione, mancando la quale, esso letteralmente “non funziona”.
Che farsene infatti di un Governo che, per scandali vari, colpito da dimissioni e polemiche intestine, da azioni giudiziarie ed intercettazioni scandalose – come l’attuale Csm – fosse del tutto squalificato dal punto di vista della sua credibilità politica? Tutti, ma proprio tutti, ne invocheremmo le dimissioni e il Parlamento lo sanzionerebbe con la sfiducia.
Non solo. Per il Csm, va registrato qualcosa di ancor più grave che ne mina in modo irrimediabile la credibilità. Esso infatti, nel disegno costituzionale, svolge funzioni delicatissime in ordine alle sanzioni a carico dei magistrati, ai trasferimenti, alla assegnazione dei posti direttivi, ma non gode di alcuna funzione rappresentativa: non è un organismo chiamato a rappresentare i magistrati.
Eppure è proprio questo che oggi accade. Innervato, dominato, lottizzato, soffocato dalle correnti contrapposte, il Csm ha assunto una autentica funzione rappresentativa delle stesse e, attraverso esse, dei magistrati, arrogandosi in via di fatto un ruolo che in punto di diritto nulla e nessuno gli concede. Ciò produce una gravissima patologia del sistema costituzionale, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
In altre parole, la credibilità sociale e la fedeltà al proprio ruolo sono parte integrante del “funzionamento” del Csm, in quanto organo costituzionale, non potendosi tutto ridurre ad un calcolo ragionieristico/aritmetico circa i numeri necessari per formare una qualunque maggioranza: limitarsi a questo, come oggi intendono i costituzionalisti, sarebbe puerile perché si ignora in tal modo che qualunque maggioranza del Csm, oggi, nasce già avvelenata, portando nel proprio grembo il proprio destino di autodissoluzione sociale e politica.
Come dicevo, il Csm non è una assemblea di condominio e per questo Mattarella ha l’obbligo di scioglierlo (ferma restando ovviamente una nuova legge elettorale da varare al più presto).
Che forse esiti a farlo per timore di compromettersi politicamente, cosa che il Quirinale deve evitare in modo assoluto per mantenere il ruolo di garante “super partes”?
Se Mattarella ciò temesse, conforterebbe la mia tesi, in quanto riterrebbe che il Csm goda di fatto di una rappresentatività politica delle correnti e che perciò ogni suo intervento inciderebbe su tale dimensione politica, macchiando la verginità del Quirinale.
Vero. Ma è proprio tale rappresentatività politica che il Csm non può in alcun caso possedere, perché stravolge il disegno della Costituzione.
Sarebbe come se il Cnel – Consiglio nazionale della economia e del lavoro – altro organo costituzionale, peraltro di rilievo assai più ridotto del Csm, si mettesse in testa di rappresentare politicamente categorie di imprenditori e di sindacalisti organizzate in correnti contrapposte, facendosi da queste dominare ed occupare e comportandosi di conseguenza.
Sarebbe tollerabile per il Quirinale? Sciogliendo un organo costituzionale gravemente “malato” di rappresentatività politica surrettizia e antigiuridica, Mattarella non rischia di compromettersi politicamente, ma adempie ad un dovere imposto dal suo ruolo, quello di garante della Costituzione. Che qualcuno lo dica ai nostri costituzionalisti, troppo impegnati forse a destreggiarsi nei labirinti della loro scienza (del diritto), per prestare orecchio alle esigenze della coscienza (del giurista). Ma quella, senza di questa, è meno che nulla.
Aggiornato il 09 giugno 2020 alle ore 10:25