L’utopia delle balle

Mi convinco sempre di più del fatto che in Italia il politico che sostenga tesi minimamente ragionevoli non potrà che attrarre ben pochi consensi. Probabilmente il nostro non esaltante passato storico, fatto di disfatte, mezze vittorie e riforme quasi sempre abortite, continua ad incombere come una maledizione.

Tant’è che oggi, complice anche una convergenza di fattori irripetibili, abbiamo un premier che può permettersi il lusso di raccontare ai cittadini italiani, letteralmente annichiliti dal più rigido e ottuso lockdown dell’Occidente avanzato, la favola utopistica di una novella Repubblica di Platone.

Una saga del politicismo alla amatriciana con cui Giuseppe Conte si è impegnato a cambiare la società italiana fino all’ultimo bottone, così come recitava il verso di un sonetto rivoluzionario di un celeberrimo poeta bolscevico. Incurante delle gravi storture e distorsioni che da tempo mettono a repentaglio la sostenibilità di medio e lungo periodo dell’intero sistema economico e finanziario, l’avvocato del popolo si è fatto forte dei finanziamenti che arriveranno dall’Europa – in che forma e in che modi è ancora tutto da definire – per tracciare la road map di un cambiamento radicale del Paese che lui, uno dei tanti miracolati del delirio politico messo in piedi a suo tempo da Beppe Grillo, si è già intestato.

Ovviamente, a prescindere dall’ammontare effettivo degli aiuti che arriveranno all’Italia, la condizione di un Paese devastato da decenni di immobilismo statalista, di utilizzo sempre più spregiudicato delle risorse in spesa pubblica corrente solo per ottenere consenso, a tutto danno degli investimenti e della componente più dinamica e produttiva della società, avrebbe bisogno di ben altro linguaggio, rispetto ai vaneggiamenti di Conte. Un linguaggio di verità che, partendo dai numeri e dalle tendenze economiche in atto, attualmente devastanti, chiami a raccolta il Paese con lo scopo di salvare il salvabile, senza nascondere l’eventualità di compiere i necessari sacrifici che la situazione del momento richiederà.

Ma al presidente del Consiglio e al suo entourage sembra interessare solo il carpe diem di una popolarità sempre più fondata sulla suggestione del momento. Incassato quindi il dividendo di una pandemia che in Italia è stata raffigurata come una delle piaghe d’Egitto, così come i sondaggi rivelano, Conte e il suo braccio destro Rocco Casalino, dopo averci segnalato la loro magnanimità nel consentirci di tornare all’aria aperta, ora tentano di abbindolare il prossimo presentando una sorta di piano quinquennale della caciotta. E se per adesso costoro possono ancora permettersi un tale esercizio dialettico, quando l’ondata della crisi economico-occupazionale si abbatterà sull’Italia, probabilmente a fine estate, sarà un’impresa assai ardua tacitare la rabbia montante di milioni di cittadini disperati con le chiacchiere e i distintivi.

Aggiornato il 05 giugno 2020 alle ore 09:55