Lo dico subito in modo chiaro. Il Procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo – posto agli arresti domiciliari – e quello di Trani, Antonino Di Maio, sono totalmente innocenti rispetto alle accuse loro mosse. Aggiungo: non ho alcun bisogno di leggere le carte, come di solito si dice in questi casi. Posso qui indicarne le ragioni che mi sembrano più che plausibili.
Sintetizzo le accuse. La sostituta procuratrice di Trani, Silvia Curione, riceve da Capristo, suo capo, una delega per un procedimento nato da una denuncia per usura presentata da tre imprenditori locali a carico di un soggetto che evidentemente aveva loro prestato una somma di denaro. Dopo un po’, lei ritiene di dover chiedere l’archiviazione, non ravvisando l’esistenza del reato. Ma Capristo non è d’accordo e insiste perché si proceda nelle indagini per usura. Probabilmente le rispettive posizioni si irrigidiscono. Va detto che un sostituto – quale la Curione è – ha davanti a sé, qualora, come capita, non condivida la visione del capo, la normale possibilità di chiedere che la delega venga da lui ritirata ed invece affidata ad altro sostituto: in tal modo, il conflitto si esaurisce immediatamente.
Invece, no, la Curione, magari dopo varie discussioni, pensa bene di denunciare Capristo (il quale nel frattempo si è trasferito alla Procura di Taranto) alla Procura di Trani, competente per territorio. Essa ipotizza a carico del suo capo il reato di indebita induzione a commettere un atto contrario ai doveri d’ufficio – nella forma del tentativo, visto che comunque tale induzione non avrebbe avuto esito – per costringerla insomma a procedere per usura, mentre lei usura non ne ravvisava.
Tuttavia, il Procuratore di Trani, Antonino Di Maio, non ravvisando alcun elemento di rilievo penale chiede e ottiene l’archiviazione della denuncia a carico di Capristo.
Non basta ancora. Viene coinvolta ed interessata la Procura di Potenza, competente per territorio sui magistrati di Trani, il cui capo, Francesco Curcio, questa volta chiede ed ottiene l’arresto di Capristo e mette sotto processo il collega Di Maio, accusato di favoreggiamento mediante omissione, per non aver cioè messo sotto accusa, a sua volta, Capristo.
Perché ritengo che sia Capristo che Di Maio siano innocenti?
Primo motivo. Il frutto del reato che Capristo avrebbe commesso consisterebbe nel poter condividere con i tre imprenditori denuncianti i vantaggi economici derivanti da una legge dello Stato, truffandolo, a favore delle vittime dell’usura.
Già. Piccolo particolare: tali vantaggi economici si concretizzano in un mutuo a tasso agevolato destinato a sostentare l’impresa danneggiata dall’usura, che sarebbe corrisposto dopo la sentenza definitiva che accerti il reato, dopo anni di trafila burocratica e comunque da dividere con altre tre persone.
Se si pensa che lo stipendio mensile di un Procuratore Capo – quale Capristo era – si aggira sugli ottomila euro al mese, si comprenderà che commettere un reato – nella forma del tentativo – per ottenere un mutuo a tasso agevolato da cui lucrare forse alcune decine di migliaia di euro (e come poi se il mutuo è vincolato alla sua destinazione?), in un futuro lontano e nebuloso, sempre che il reato di usura fosse stato poi accertato in sede giudiziale e dopo i consueti giri di valzer della burocrazia italiana, è una ipotesi del tutto fantasiosa, che potrebbe reggere soltanto ammettendo che Capristo sia un deficiente: e Capristo non lo è, anzi.
Secondo motivo. Se Capristo avesse avuto davvero l’intenzione truffaldina di accusare di usura un innocente per lucrare vantaggi economici, avrebbe potuto facilmente revocare la delega alla recalcitrante sua sostituta ed affidarla ad altro collega più accondiscendente o addirittura trattenere per sé la pratica, dirigendo personalmente le indagini. Ma egli non ha fatto nulla di tutto questo. Come mai?
Terzo motivo. L’accusa formulata a carico di Capristo appare fragilissima ed inconsistente per il fatto che non fa che trasformare i normali e quotidiani rapporti dialettici fra un capo e i suoi sostituti, in ipotesi di reato nella forma del tentativo, il che è assurdo e ridicolo nel medesimo tempo.
Chi abbia minima frequenza degli uffici giudiziari sa bene che discussioni ed anche litigi fra Capo e sostituti sono episodi frequenti e che rientrano nella quotidianità: trasformarli in tentativi di reato, in indebite “pressioni” è oggettivamente assurdo e del tutto non credibile. Da questo punto di vista, tutto può diventare “pressione”, una parola in più, un gesto, una locuzione: e perciò nulla lo è veramente. Si registra qui l’assenza del pensiero.
Quarto motivo. Il semplice fatto che Di Maio, nuovo Procuratore Capo di Trani, non abbia ritenuto di procedere contro Capristo certifica la correttezza delle affermazioni precedenti, che devono essergli apparse ovvie e condivisibili.
E invece anche a suo carico spunta un’accusa irreale, quella di favoreggiamento di Capristo, per non aver proceduto contro di lui, dopo una apposita relazione di servizio depositata dalla sostituta Curione.
Tuttavia, il dottor Curcio, Procuratore di Potenza, davanti al quale queste vicende finiscono, fa arrestare Capristo e mette sotto processo Di Maio. Ma egli non si accorge che, così facendo, censura in chiave giudiziaria, a carico di Antonino Di Maio, il medesimo comportamento tenuto dalla Curione: non aver inteso procedere perché non vedeva l’esistenza di reati.
Solo che per la Curione voler archiviare è normale ed anzi la si ritiene vittima di indebite pressioni se venga in qualche modo spinta a procedere; invece, Di Maio, non procedendo contro Capristo, si ritrova accusato di favoreggiamento: come dire che il libero convincimento del giudice, su cui si sono scritte intere biblioteche di meditazione, funziona ad intermittenza: a volte sì, per la Curione; altre volte no, per Di Maio (e indirettamente per Capristo).
Ci vorranno anni, purtroppo, ma per questi motivi più che ragionevoli Capristo e Di Maio verranno prosciolti (forse in appello).
Dimenticavo. Sfogliando a ritroso le pagine del tempo, va ricordato che Capristo fu quel Procuratore che nel 2012 osò da Trani mettere sotto accusa il presidente mondiale e gli analisti finanziari di Standard & Poor’s e di Fitch – due delle principali agenzie di rating del mondo – imputando loro aggiotaggio, false informazioni e manipolazione del mercato, tendenti a destabilizzare il mercato italiano e a deprezzare i nostri titoli di Stato. Insomma, un Procuratore politicamente scorretto, scorrettissimo, che ha osato toccare i fili del vero potere. Nel frattempo, le Procure di Roma o di Milano dormivano.
Invece, di Antonino Di Maio non so quasi nulla, se non che, dai suoi comportamenti, pare una persona normale, che non è poco. Di Francesco Curcio so soltanto che ha svolto alcune inchieste insieme a Henry John Woodcock, ammesso che ciò vada ricordato.
Ma chi è Silvia Curione?
Aggiornato il 21 maggio 2020 alle ore 16:53