Giovani infelici: un patto generazionale fondato sulle libertà

Sono giorni difficili, il destino è incerto. Lo è per tutti, ma forse lo è di più per i giovani. Per chi non ha ancora lavoro, casa, famiglia, per chi sta studiando sui banchi di scuola o nella aule telematiche. Per chi tira avanti con lavori saltuari o si accontenta di quel che trova pur di continuare a sperare in un avvenire migliore.

Giovani infelici” è il titolo di un saggio di Pier Paolo Pasolini (da Lettere luterane, edito nel 1976), qui volutamente ripreso. È una scelta, questa, provocatoria, scientemente provocatoria.

Il primo motivo della provocazione sta in questo. L’infelicità dei giovani è palpabile, ora come allora. E ora come allora, una porzione di colpa di questa infelicità è dei padri e delle madri.

Non ho il minimo dubbio che molto di quel che sta accadendo loro sia anche colpa mia. Mia, in quanto uno dei padri. Uno dei padri non soltanto fisici, ma anche morali, ideali, politici.

Il secondo motivo. Una delle colpe dei padri e delle madri sta – e qui non seguo più Pasolini – nell’avere ricercato nello Stato la fonte del benessere. Del loro benessere, incuranti del malessere che avrebbero potuto creare nelle generazioni future. Chiusi in una sorta di disturbo narcisistico della personalità e di bulimia dello statalismo, hanno dimenticato il fardello che seguitavano a mettere sulle spalle dei giovani, senza condividere con loro il futuro, il loro futuro.

Non ho il minimo dubbio che parte di quel malessere sia anche colpa mia. Mia, in quanto uno dei padri.

Il terzo motivo. La condivisione continua a mancare, nonostante la fitta nebbia all’orizzonte. La miopia – finanche etica, a questo punto – che sta invadendo le scelte politiche, sociali ed economiche di questi mesi, contribuirà a moltiplicare l’infelicità dei giovani: su di essi cadranno i nuovi, giganteschi debiti che i padri e le madri stanno contraendo come stato e collettività. Il patto generazionale che si sta scrivendo è come quello degli ultimi quarant’anni, a senso unico, niente sta cambiando: i giovani si caricheranno – e sui giovani si scaricheranno – le colpe dei padri e delle madri.

Non ho il minimo dubbio che alcuni errori di quel patto siano anche colpa mia. Mia, in quanto uno dei padri.

Il quarto e ultimo motivo riguarda direttamente i giovani. È di critica verso di loro. Se la colpa degli adulti è quella di avere eletto lo stato sociale a Grande Madre alla quale allattarsi fino ad esaurirne la fecondità, la responsabilità dei giovani è quella di non sapersi distaccare da quel modello e dalla sue mammelle. Anziché affrontare il procelloso mare delle libertà, le sole che potranno garantire un futuro di crescita, molti, troppi di loro continuano a ripiegarsi nel seno della dea, come eterni lattanti. Ma la dea Madre non ha più latte.

Non ho il minimo dubbio che molto di quel latte sia andato sprecato, e sia anche colpa mia. Mia, in quanto uno dei padri.

È da questa multiforme consapevolezza che occorre partire per scrivere un nuovo patto generazionale, un nuovo pactum societatis, che sappia rivitalizzare la crescita nella dimensione delle libertà individuali finalmente incarnate in nuovi progetti politici.

Il voto in democrazia è lo strumento fondamentale non tanto per esercitare la libertà, quanto per poter scegliere la strada della libertà come modello alternativo alla Grande Madre. La consapevolezza serve, proprio, a questo: scegliere.

(*) agiovannini.it

Aggiornato il 20 maggio 2020 alle ore 08:42