L’enigma di Nino Di Matteo

Molti lettori hanno scritto al giornale chiedendo chiarimenti e delucidazioni sui pezzi qui pubblicati nei giorni scorsi a proposito della contesa inaspettata che ha contrapposto il ministro Alfonso Bonafede e il pubblico ministero antimafia Nino Di Matteo.

Gli aspetti da approfondire sarebbero certamente diversi, ma posso senza tema di errore affermare che l’intera vicenda si può sintetizzare in un solo quesito che di seguito cerco di esprimere in modo chiaro.

Infatti, delle due l’una: o quando Di Matteo si accorse che Bonafede gli precluse il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), sotto minaccia dei mafiosi al 41-bis, era in buona fede, cioè percepiva questo improvviso voltafaccia come una reale sottomissione del ministro, e allora non si capisce perché scelse di tacere per ben due anni.

Anche perché Di Matteo, da simbolo dell’antimafia e componente della Direzione Nazionale Antimafia, non doveva e non poteva consentire che questa permanenza ministeriale potesse mettere in pericolo le istituzioni, cosa ben possibile se il ministro della Giustizia (e non delle Partecipazioni statali o dell’Agricoltura) fosse stato davvero così condizionabile dai criminali più pericolosi, come lui aveva motivo di sospettare.

Oppure, ciò che Di Matteo ha detto alla trasmissione “Non è l’Arena” di Massimo Giletti, dopo due anni, è una pura fantasia e allora egli avrebbe dovuto tacere, soprattutto davanti a milioni di telespettatori.

In altri termini, quando Di Matteo avrebbe dovuto parlare per denunciare una cosa indigeribile, tacque (di un silenzio che ora appare inquietante); ora, dopo due anni, avrebbe dovuto tacere e invece parla (ma in effetti senza parlare): esattamente, anche nelle modalità espressive, il contrario di ciò che doveva accadere.

Eppure, una terza possibilità non c’è.

E allora, uno si chiede: come è possibile? E soprattutto, perché? E infine, che sorte amara tocca alle istituzioni, divenute un palcoscenico dove si recita un copione privato del tutto indifferente alla loro salvaguardia! Di qui, infatti, non si scappa. Soltanto Di Matteo può sciogliere questo enigma. Tuttavia, dubito possa accadere. Ci scommetto.

Aggiornato il 07 maggio 2020 alle ore 10:54