L’Unione perde pezzi

Il difetto, come sempre, sta nel manico, vale a dire nel Trattato di Lisbona.

Lo sappiamo da sempre.

L’impossibilità di trovare un accordo che prevedesse una vera e propria Costituzione federale, con cessione di sovranità da parte degli Stati membri e contestuale creazione di una nuova entità che andasse oltre gli angusti limiti pattizi, è la causa prima della situazione che stiamo vivendo. Alla mancata definizione in termini chiari e cogenti di una base comune di diritti dei cittadini si accompagna una riserva di autonomia che mina le basi stesse dell’Unione e propizia, su entrambi i versanti, decisioni che rischiano di frantumare le gracili fondamenta dell’Unione.

Per quanto utile agli affari, un trattato finanziario e commerciale non è affatto sufficiente, ma rischia di ridestare mai sopiti nazionalismi fondati, secondo i casi, sulla rivendicazione di indipendenza, ovvero su interessi egoistici: Viktor Orbán e critiche al Quantitative easing, per dirla chiaramente.

Decisioni politiche sui diritti dei cittadini e arresti giudiziari sugli interessi economici diventano, in questa prospettiva, la cartina al tornasole di un fallimento tanto annunciato quanto prevedibile.

È mancato, insomma, quel passo in più – neppure immaginabile negli anni successivi al termine della Seconda guerra mondiale, ma indispensabile oggi – che costringesse gli Stati a dare vita ad una vera e propria Federazione.

Sarebbe stata – e sarebbe ancora, ma per poco – sufficiente una Costituzione, fatta di pochi ma chiarissimi articoli, che tutelasse, da un lato, i principi “supremi” (le parole sono della nostra Corte costituzionale) e, dall’altro lato, imponesse l’adozione di una vera e propria fonte primaria del diritto.

In mancanza di questa, i governi e le Corti nazionali continueranno ad occuparsi dell’ordinamento interno e le Corti europee (la Corte di Giustizia) proseguiranno in quelle che sono vere e proprie invasioni di campo.

Penso che, per questa volta ancora, un accordo verrà trovato: le Corti, come si dice in ambienti curiali, dialogheranno e troveranno una quadra. Le diplomazie faranno il resto. Permane, però, il problema di fondo: l’Unione perde pezzi e non compie il necessario salto in avanti.

Una cosa, però, mi sembra dimostrata: così non va. Non va affatto bene.

Aggiornato il 06 maggio 2020 alle ore 12:32