L’imbecille di tipo nuovo

Prendo spunto dall’ottima riflessione, pubblicata ieri, del nostro direttore, in cui si mette il dito in una della tante piaghe che ci stanno affliggendo in questi giorni, cioè il tentativo più o meno smaccato di usare il Covid-19 come drammatica levatrice per far nascere “un italiano nuovo e più virtuoso”. In questo senso concordo con Arturo Diaconale quando sottolinea la ridicola enfasi con cui molti arruffapopoli da strapazzo hanno dipinto lo spettacolo folcloristico, ad essere buoni, di tanti cittadini che cantavano l’inno nazionale, sventolando il Tricolore dai loro balconi. Ma tutto ciò ovviamente avveniva solo all’inizio di questa vera e propria follia collettiva, innescata da un bombardamento mediatico che, raccogliendo le indicazioni e i messaggi provenienti dall’attuale comitato di salute pubblica, formato da Governo e luminari pluridecorati, ha rappresentato una seria pandemia come se fosse una sorta di Armageddon.

Oggi però, dopo una lunghissima reclusione in casa, la quale non trova confronti in nessun Paese democratico (per sincerarsene basta farsi un giro su Internet per comprendere, con dovizia di immagini e reportage, che pure sul piano di questa emergenza sanitaria noi siamo del tutto anomali rispetto al mondo avanzato), è ragionevole ritenere che molti di questi entusiasti della prima ora, nella guerra senza quartiere alla pandemia condotta nelle trincee delle loro abitazioni, non abbiano più tanta voglia di festeggiare. Soprattutto coloro i quali hanno cominciato a togliersi la mortadella dagli occhi, documentandosi su alcuni studi molto interessanti usciti in questi ultimi giorni, stanno ingrossando a dismisura l’esercito degli scettici e degli indignati.

A tale proposito piuttosto illuminante mi è sembrata una ricerca pubblicata alcuni giorni orsono dal Giornale di Milano, in cui uno dei maggiori esperti tedeschi nel campo della virologia, Hendrik Streeck, direttore dell’Istituto di Virologia dell’Università di Bonn, dopo un’accurata indagine su un campione piuttosto vasto, ha concluso quello che già l’illustre Ilaria Capua aveva più volte dichiarato in alcuni interventi televisivi: il Coronavirus si diffonde essenzialmente in luoghi chiusi e quando le persone si trovano a distanza ravvicinata per un tempo relativamente lungo. Mentre all’aperto, soprattutto quando si mantengono le distanze, il contagio è praticamente impossibile. Tant’è che nella stessa Germania, precisamente in Baviera, l’obbligo delle mascherine è previsto solo nei locali aperti al pubblico e nei mezzi di collettivi di trasporto. E prendendo atto che in questo Paese quella che da noi è ancora dipinta come la morte nera è stata letteralmente stroncata in una dozzina di giorni, personalmente tenderei a prendere per valide sia le conclusioni del professor Streeck e sia la loro applicazione pratica, con una obbligazione precauzionale ragionevole.

Noi invece, che oramai abbiamo fatto passi da gigante nella creazione di un imbecille di tipo nuovo, così come in un magnifico libro di Giancarlo Lehner e Francesco Bigazzi sulla tragedia dei comunisti italiani finiti nei gulag sovietici, vengono mirabilmente definiti i rozzi burocrati, totalmente privi di coscienza critica, con cui il regime stalinista aveva asservito un popolo di oltre 150 milioni di abitanti, continuiamo ad essere i più bravi di tutti nel campo delle misure restrittive. Sembra infatti che con la tanto attesa Fase 2, invocata con crescente disperazione da un tessuto produttivo agonizzante, ci verranno imposti anche all’aperto e a prescindere dal nostro grado di solitudine mascherine a guanti, così da non arrecare eventuali danni virali ai tanti animaletti che in primavera si muovono all’interno di parchi e prati. Misure accettabili, almeno per ciò che concerne la mascherina, se previste per i luoghi chiusi e affollati; misure assolutamente inutili, e dunque umilianti e vessatorie, se rese obbligatorie manu militari per chi esce di casa singolarmente per correre, passeggiare o per far riposare la mente dopo così tante settimane di martellante propaganda di un regime sanitario in stile orwelliano.

Occhio signori, farsi irreggimentare da surrogati di divise maoiste, così come qualcuno potrebbe considerare l’uso erga omnes e in ogni ambito di strumenti di protezione, non è molto rassicurante. Ogni cittadino che crede realmente nei valori della Costituzione, la stessa che molti chiacchieroni solo ieri esaltavano, mentre oggi stanno muti, non dovrebbe accettare con leggerezza costrizioni puramente precauzionali che non abbiano una assoluta fondatezza scientifica. E i guanti di lattice, oltre che malsani se portati a lungo, non si comprende quale salvaguardia possano offrire rispetto alla nostra pelle, visto che comunque noi umani non respiriamo con le mani.

Aggiornato il 22 aprile 2020 alle ore 11:51