Una cosa deve esser chiara. In una democrazia non si può amputare mai, a nessuno, in nome di qualsiasi momento di crisi ed emergenza, il diritto di avanzare critiche a chi veste i panni del manovratore che guida il Paese. Abiti, questi, in cui il premier Giuseppe Conte ha dimostrato subito di volersi calare con i suoi decreti presidenziali assunti in solitaria, scavalcando il Parlamento e con modalità comunicative più che discutibili e insomma avendo abolito la collegialità e istituito l’unica voce in rappresentanza di tutti. Stato di cose perpetuato fino a quando la richiesta della Lega di un incontro con il presidente della Repubblica ha spinto il Capo dello Stato a sollecitare il caro leader Conte ad un coinvolgimento delle opposizioni nella decisione delle nuove misure di contenimento dell’epidemia da coronavirus. Parole che però al premier sono evidentemente ostiche, se, dopo la riunione con i vertici dei partiti di opposizione, resta pericolosamente convinto di dover riferire alle Camere solo per informare i rappresentanti del popolo delle sue decisioni. A colpi di dpcm.
La traversata, ci sia consentito di ricordare, non la fa solo lui ma il Paese intero e finora il “Capitano”, dopo aver messo l’imbarcazione in acqua comodamente dopo che da un po’ era suonato il segnale di allarme, ha indirizzato la “Barca Italia” un po’ di bolina, poi c’ha ripensato, ponendola di traverso, non prima di aver provato un po’ di lasco. Ora, l’andatura in poppa, e il giro di boa, tra misure contraddittorie e per troppo tempo inesistenti ed inefficaci, è però lontana da venire. E questo va ripetuto proprio in nome dell’unità nazionale sul cui altare si vorrebbero tacitar critiche e voci di dissenso sull’operato della “squadra di governo”. Perché i colpevoli errori compiuti dall’inizio dell’emergenza sanitaria hanno provocato una diffusione dell’epidemia ora quotidianamente scandita da giorni dalle immagini delle bare prelevate negli ospedali e trasportate dai camion militari verso i luoghi di cremazione dei defunti.
Guai, dunque, a stigmatizzare chi dal torpore annacquato nella retorica e nella mistica canterina delle greppie conniventi e pronte alla futura questua, tenta di svegliarsi e grida la ribellione interiore, razionale, vigile, alle strette liberticide a cui, certo, ormai nelle condizioni in cui ci troviamo, dobbiamo sottostare tutti. Ma questo rovinoso precipitare della situazione del Paese si sarebbe potuto evitare, non stanchiamoci di dirlo, e contenere se dopo il 31 gennaio si fossero immediatamente assunte misure tempestive, drastiche e razionali su scala nazionale invece di sminuire, “apericenare”, invitare all’abbraccio politicamente corretto con i cinesi (che più saggi dei nostri politici e governanti, tornati dalla Cina si sono messi in quarantena da soli) e rimandare ciò che subito si sarebbe dovuto fare come prima misura di contenimento epidemico: tamponi a tutti.
E se il nostro Sistema sanitario pubblico non fosse stato smantellato negli ultimi dieci anni, provocando la situazione di stress degli ospedali scampati ai ripetuti e progressivi tagli alla sanità pubblica. Impedendo così il reperimento delle risorse necessarie per avere pronta, in tutti i presidi sanitari, la strumentazione necessaria a realizzare i tamponi con cui contenere i contagiati senza chiudere e mandare in fallimento il Paese. Dovranno spiegare agli italiani perché e come l’Italia sarà finita definitivamente ostaggio dei grandi gruppi finanziari stranieri attraverso un (ragionato?) aumento spropositato del deficit che, insieme all’intenzione di Conte di ricorrere al Mes, ci metterà nelle mani dei poteri forti europei. E quale versione del Mes poi è sul tavolo delle trattative dato che è in corso di riforma? La nuova versione voluta dai tedeschi è molto più penalizzante per gli Stati ricorrenti e non è chiaro se l’accordo c’è dato che lo scorso in autunno se ne stava aspramente discutendo in Parlamento. Una risposta che è cruciale mentre risibile è la richiesta avanzata di accedervi senza condizioni da parte di Conte. Oscuro appare più il perché, se la Banca centrale europea è pronta a stanziare 700 miliardi e il Patto di stabilità è sospeso, perché si seguita a parlare di Fondo salva Stati?
In questa cornice di preparazione delle fosche sorti italiane, il “nostro caro premier” sale nei consensi degli italiani addormentati nel bosco, impegnato in un forsennato profluvio di decreti “suoi”, convinto, come sembra, che al Parlamento, oltre alla evidentemente trascurabile funzione legislativa, non spettino sacrosante funzioni ispettive e di indirizzo. Anche tra un golpettino oggi e uno domani, e mentre i cittadini italiani sono caduti nel più profondo sonno della ragione e quando aprono gli occhi si svegliano solo per linciare chi mette il naso fuori di casa?
E questo non si dovrà cessare mai di dirlo. Siamo ad un’altra versione di colpo di Stato aiutato dal sonno della ragione da cui i cittadini si svegliano solo per dedicarsi a quella che da anni sembra essere diventata la maggior vocazione degli italiani, quella al linciaggio. Nei confronti di chi osa mettere il naso fuori di casa e trovarsi sul marciapiede. E non importa che sia la farmacista che ha appena chiuso il suo esercizio dove ci siamo recati per implorare una mascherina o del disinfettante. I disinfettanti sono terminati. Lasciatene un po’ per pulirvi le coscienze fino a quando questo incubo sarà finito.
Aggiornato il 26 marzo 2020 alle ore 11:00