I nostalgici del “libretto rosso”

Il Governatore della Campania Vincenzo De Luca ha rilevato, con una punta di evidente dispiacere, che in Italia non si può applicare integralmente il cosiddetto “modello cinese” visto che mentre il governo di Pechino fucila quanti non rispettano la norma che impone di rimanere chiusi in casa, il governo italiano può al massimo comminare una pena ed una sanzione monetaria ai trasgressori.

Il “modello italiano”, dunque, non può essere simile a quello cinese. Il ché può dispiacere a chi sarebbe pronto a riesumare dal cassetto dei propri cimeli giovanili il libretto rosso del Presidente Mao e marciare di nuovo in strada al grido di “potere al popolo”, ma è un dato di fatto impossibile da aggirare visto che da noi la rivoluzione proletaria di ispirazione maoista non si è mai realizzata e, sia pure tra mille contraddizioni, il sistema è rimasto quello della democrazia liberale fissato nel secondo dopoguerra dalla Costituzione Repubblicana.

Certo, nessuno discute su quanto possano essere efficaci le disposizioni di un governo impegnato nella lotta alla pandemia di coronavirus sostenute dalla minaccia di rigore estremo per i trasgressori. I regimi dittatoriali sono sicuramente avvantaggiati nelle emergenze. Possono applicare misure da stato di guerra senza bisogno di mobilitare l’esercito e pretendere l’obbedienza piena e priva di qualsiasi voce critica alle proprie disposizioni.

Ma l’Italia non è la Cina. E il vero fattore che distingue il nostro Paese da quello dove l’Oriente è Rosso è proprio la circostanza che nella nostra penisola il diritto al dissenso non solo non è negato ma rappresenta il tratto distintivo del sistema democratico scelto dopo il crollo della dittatura della prima metà del secolo scorso.

Naturalmente è comprensibile che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte lanci appelli all’unità e chieda che le misure prese dal suo governo per fronteggiare il coronavirus non siano sconfessate e sopraffatte dalle polemiche. Ma l’appello all’unità non può essere scambiato per un appello al silenzio. Perché l’eventuale dissenso non solo non può essere considerato un atto di sabotaggio ma, oltre a rappresentare la differenza tra un sistema autoritario ed un sistema democratico, costituisce l’indispensabile stimolo a migliorare scelte e provvedimenti che proprio l’emergenza rende perfezionabili e non segnati da una aprioristica ed indimostrata infallibilità.

Tutti si augurano che il la “diga” poderosa varata dal governo per bloccare il virus e sostenere l’economia ed il lavoro sia adeguata al compito prefisso. Ma nessuno neghi la possibilità di avanzare critiche e proporre miglioramenti. E di lanciare all’esecutivo l’ammonimento a non dimenticare mai che dopo la guerra arriverà comunque il momento della ricostruzione e se nel frattempo il lavoro sarà scomparso e l’economia distrutta non ci sarà alcuna possibilità di ripartire senza nuovi e più gravi sacrifici.

Nessuno s’illuda che l’Italia possa imitare la Cina anche nell’autoritarismo integrale. I nostalgici del libretto rosso se ne facciano una ragione. Una volta per tutte!

Aggiornato il 17 marzo 2020 alle ore 10:56