Il cigno nero e gli stanziamenti di Pulcinella

Dunque, per far fronte alla grave emergenza del momento, il Governo stanzia 7,5 miliardi.  Quasi 4 in più rispetto a quanto si era già impegnato a fare nei giorni precedenti. Ora, sempre tenendo presente che si tratta di stanziamenti di cui allo stato non esistono in grossa parte le coperture, io credo che il problema che ci sta cadendo letteralmente sulla testa da quando è iniziato il dramma mondiale del coronavirus rischia di diventare colossale e, pertanto,  difficilmente risolvibile con le classiche toppe finanziare messe da un Esecutivo che ha già ampiamente raschiato il fondo del barile.  

A tale proposito, a partire dalla fine degli anni ’80, mi sono chiesto spesso cosa sarebbe accaduto all’Italietta delle cicale,  con un sistema pubblico perennemente in bilico sull’orlo del baratro,  nella pur remota eventualità di shock endogeno così catastrofico come quello prodotto dal virus cinese. Uno shock, ci tengo a ribadire, che sul piano economico-finanziario determina due effetti: blocco della produzione e crollo della domanda aggregata.  In questo senso, il paventato collasso della nostra sanità, nel caso di una estensione incontrollata delle infezioni,  anticiperebbe solo di poco quello economico e finanziario del Paese.  Da questo punto di vista, anche se per adesso gli effetti di una simile sciagura risultano piuttosto evidenti solo  sui mercati finanziari,  il protrarsi dell’infestazione da Covid-19 potrebbe determinare uno scenario ben peggiore di quello che si stava materializzando nell’autunno del 2011.  Altro che 7,5 miliardi di stanziamenti annunciati, quindi.  Nella malaugurata eventualità  di una pestilenza prolungata che paralizzasse letteralmente il Paese e, di conseguenza, l’intera economia,  si produrrebbe di riflesso una gigantesca voragine nel bilancio dello Stato.  In estrema sintesi, con una spesa pubblica complessiva di circa 900 miliardi, di cui gran parte di natura corrente,  mancherebbero i quattrini sufficienti per pagare stipendi e pensioni.  Anche perché vorrei ricordare ai più distratti,  come diceva la compianta signora Thatcher,  non esistono i soldi pubblici, ma solo i soldi dei contribuenti. E se questi ultimi non arrivano secondo le quantità previste, vuoi perché le aziende chiudono in massa e vuoi perché le persone consumano e si spostano molto meno,  non puoi pensare di ricorrere ad altri prestiti per tappare le inevitabili falle.  Senza considerare che una richiesta spropositata di nuovi crediti, nell’ambito di un tale scenario, farebbe letteralmente esplodere i tassi sui titoli italiani.

Quindi,  ben conoscendo la situazione dei nostri conti pubblici ante coronavirus,  lo stanziamento tanto strombazzato da Giuseppe Conte e soci, il quale segue una ridda surreale di promesse di sussidi erga omnes,  ha buone probabilità di restare lettera morta non appena la Ragioneria di Stato dovesse cominciare a registrare tutta una serie di corpose perdite a catena nei vari capitoli delle entrate tributarie.  A quel punto diventerà chiaro anche ai ciechi che il tanto temuto cigno nero avrà fatto strame delle ridicole promesse di Pulcinella espresse da chi, Governo e buona parte dell’intera classe politica e sindacale, pensa di affrontare la più grave crisi degli ultimi decenni a colpi di miliardi che non ci sono, senza proprio considerare che molti altri già in bilancio rischiano di sparire nel nulla.

Aggiornato il 06 marzo 2020 alle ore 11:30