Di Maio e la superficialità del populismo

Non schierandomi da tempo con nessuna tifoseria politica, sempre pronto a farmi convincere da chiunque presenti proposte politiche sensate e, soprattutto, sostenibili sul piano dei conti, sono sempre più allergico ad una certa qual cinica superficialità, la quale sta sempre più caratterizzando l’epoca dei populismi, in particolare quello grillino.

Luigi Di Maio è, a mio avviso, uno degli esponente di spicco di tale espressione deteriore della politica. Sempre pronto a strappare in fretta e in furia un qualche risultato, così da poterne rivendicare il merito da un balcone o dai microfoni di una conferenza stampa, costui non sembra curarsi affatto degli eventuali danni che una simile impostazione potrebbe creare al Paese, così come in effetti molti danni fin si sono prodotti. Ciò è puntualmente accaduto con lo sciagurato provvedimento, nel quale c’era più che lo zampino dell’ex capo politico del Movimento 5 Stelle, con cui si è deciso di bloccare i voli diretti dalla Cina. Provvedimento duramente stigmatizzato da molti autorevoli esponenti della scienza medica e fortemente sconsigliato dall’Organizzazione mondiale della sanità, in quanto impediva un immediato monitoraggio dei passeggeri provenienti dal gigante asiatico, consentendo loro di raggiungere egualmente l’Italia con altri mezzi, voli indiretti compresi.

Ebbene, ad oltre un mese da quest’ultimo colpo di genio rivendicato a suo tempo in diretta televisiva dallo stesso Di Maio, insieme al ministro della Salute, Roberto Speranza, la situazione si è letteralmente ribaltata. Molti Paesi del mondo, preso atto che vantiamo il triste primato di terza nazione col più alto numero di contagi da coronavirus, hanno deciso di bloccare gli arrivi di cittadini italiani sul loro territorio.

Ma a questo punto il nostro eroe, passato rapidamente dal vendere bibite al San Paolo di Napoli ad occuparsi di politica estera, dopo aver lasciato il suo marchio indelebile al ministero dello Sviluppo economico e del Lavoro, non ci sta e contrattacca. Egli esterna la sua indignazione in una lunga intervista rilasciata alla Stampa di Torino: “Non nego che irrita sapere che alcuni Paesi stiano bloccando i nostri cittadini all'estero senza nessun criterio. Di fronte a forzature o blocchi insensati, sia chiaro, risponderemo, perché l'Italia è un Paese che merita ed esige rispetto, così come ogni singolo italiano".

Dunque, seguendo il ragionemento gigginesco, il blocco quando lo decidiamo noi, a prescindere dalle modalità con cui esso viene realizzato, è giusto e sacrosanto e va sbandierato ai quattro venti, così da poter dimostrare ai cittadini italiani che si stanno prendendo misure risolutive. Ma se poi gli altri ci prendono ancor più sul serio, adottando quelle misure che probabilmente avremmo dovuto prendere noi senza clamori, Di Maio protesta, batte i pugni sul tavole ed abbaia alla luna.

In realtà, caro Di Maio, gli altri, seppur in modo discutibile, un criterio estremamente chiaro lo hanno adottato: ci impediscono tout court di recarci nel loro Paese. È il vostro ennesimo Governo dei miracoli, al contrario, che ha dimostrato di non averlo un criterio, bloccando i voli diretti dalla Cina e infischiandosene altamente di tutto il resto. E questo, come scritto nell’incipit di questa breve riflessione, non è altro che il portato di una insopportabile cinica superficialità con la quale stiamo letteralmente mandando al deriva questo disgraziato Paese.

Aggiornato il 04 marzo 2020 alle ore 12:19