Manicomio Italia

A circa una settimana dalla scoperta dei focolai di coronavirus in Lombardia e in Veneto, possiamo tracciare un primo bilancio di ciò che è accaduto in estrema sintesi nel manicomio chiamato Italia.

Nemmeno si trattasse della peste bubbonica, si è scatenata una rincorsa tra politici e giornalisti nel cercare di cavalcare a proprio vantaggio il fenomeno. E se i primi, i politici, hanno rapidamente ceduto ad una oramai acquisita propensione a cercare visibilità in ogni frangente, i secondi, soprattutto quelli appartenenti alle redazioni televisive, si sono resi protagonisti di una drammatizzazione a dir poco eccessiva. Ed il combinato disposto di questa letale sinergia comunicativa, unita alla nostra tradizionale e caotica sovrapposizione di competenze, sembra aver generato grande allarme presso la comunità internazionale, tanto da paralizzare nel giro di pochissimo giorni l’intero flusso turistico, compreso quello endogeno.

Da questo punto di vista, personalmente resto fermo sulle posizioni del virologo Roberto Burioni, secondo cui l’epidemia iniziale non andava presa sottogamba, adottando da subito tutte le cautele del caso, ma senza arrivare a rappresentarla come una delle mitologiche piaghe d’Egitto. Cosa tuttavia impossibile con un sistema politico-mediatico in preda ad una sorta di trance agonistica, in azione 24 ore su 24 in un mare di chiacchiere, di conferenze stampa e di martellanti riepiloghi numerici, quasi alla stregua di bollettini di guerra.

Tutto questo, poi, dopo che il Governo centrale aveva commesso alcuni errori imperdonabili, tra cui quello di bloccare i voli diretti dalla Cina senza poi curarsi di chi arrivava attraverso altre vie, annunciando incautamente che le misure messe in campo per impedire l’arrivo in Italia del coronavirus erano le più efficaci al mondo, per poi scoprire che le chiacchiere non erano ovviamente riuscite a fermare il virus medesimo. Ed in un maldestro tentativo di mettere una tardiva toppa, che come quasi sempre accade essa risulta essere peggiore del buco, il ministro della Salute, Roberto Speranza, e il titolare della Farnesina, Luigi Di Maio, ieri hanno convocato l’ennesima conferenza stampa rivolta ai giornalisti stranieri, con lo scopo di rassicurare l’utenza estera circa l’assenza di rischi nel soggiornare in Italia.

Tuttavia, da quel che riporta il sito di formiche, una volta andati via i ministri, i tecnici rimasti a rispondere alle domande sono stati letteralmente subissati dai quesiti sempre più stringenti degli intervenuti. In questo senso, commenta il redattore di formiche, “sotto il fuoco incrociato delle domande, le tante certezze della politica si sono sgretolate davanti ai troppi dubbi scientifici”.

Dubbi assolutamente legittimi, mi permetto di aggiungere, ma che, al pari di ciò che si sta facendo con il coronavirus, si sarebbero potuti tenere sotto controllo se si fosse evitato l’impressionante clamore politico-mediatico che ci siamo autoinflitti. Ma oramai il danno è fatto. I buoi sono scappati dalla stalla e continuare ad agitare lo stendardo delle rassicurazioni ufficiali rischia di aggiungere ulteriore discredito al Paese. Purtroppo tutto ciò sta accadendo a poche settimane dalle vacanze pasquali, le quali rappresentano un momento molto importante per il grande indotto economico che ruota intorno al turismo. A questo punto ci vorrebbe veramente un miracolo in codesto manicomio chiamato Italia.

Aggiornato il 28 febbraio 2020 alle ore 11:54