
Intervento pronunciato in occasione della maratona oratoria organizzata a Roma dall’Unione camere penali per la verità sulla prescrizione.
Tutto è stato detto sulla prescrizione, volevo rammentare come la verità che trovate sui giornali è uscita fuori perché è illuminante rispetto ad altre questioni che si potrebbero porre. Per un sacco di tempo si è detto che la prescrizione era dovuta alle manovre degli avvocati, però numeri su questa verità che veniva affermata non se ne tiravano fuori.
Molti anni fa la Camera penale di Roma per la prima volta misurò i motivi dei rinvii dei processi e dimostrò che quella era una falsa verità, non un fatto. I processi si rinviano per altri motivi, non per le manovre degli avvocati. Questa è una verità che è tale dal 2000, eppure seguitava ad essere negata, così continuò la battaglia degli avvocati per la verità. Verità e giustizia sono sinonimi certe volte. Con delle ricerche che abbiamo realizzato nel corso del tempo, abbiamo riaffermato, dunque, la verità che peraltro era anche dimostrata dalle leggi che nel tempo si erano succedute e cioè che, anche volendolo, alcuna manovra degli avvocati poteva portare all’allungamento della prescrizione se non altro perché dal 2006 la prescrizione si sospende, qualsiasi sia la richiesta di un avvocato di rinvio del processo. Ma quel che era più importante e che non veniva detto e che al contrario oggi è una verità che viene accolta da tutti, e cioè che il maggior numero di prescrizioni non maturano nel processo ma negli armadi delle Procure della Repubblica. Anche questa era cosa nota, non a noi avvocati dal punto di vista statistico né alla pubblica opinione, ma perfettamente nota al ministero di Giustizia che sapeva da almeno vent’anni. Però non lo diceva. La prima volta che questo dato è stato tirato fuori è stato durante i lavori della Commissione Fiorella. Per sbaglio. In quella commissione in cui partecipavano avvocati, magistrati e professori venne tirato fuori questo dato, sottolineo per sbaglio, che iniziò a circolare e quindi a dimostrare che la verità sulla prescrizione non era legata ad alcuna manovra degli avvocati ma a questioni molto più banali come l’enorme carico di lavoro delle Procure della Repubblica e la cattiva organizzazione della macchina della giustizia. Che sono gli elementi su cui bisognerebbe incidere per eliminare il problema. L’altra sera ascoltavo un dibattito televisivo sulla prescrizione, si citava questo dato che la prescrizione matura negli armadi della Procura ma incredibilmente non si comprendeva cosa questo dato significa e si seguitava a sostenere che lo scandalo della prescrizione matura nel 70 per cento dei casi durante le indagini preliminari e dunque è necessario fare qualcosa per evitare che le lungaggini del processo portino alla prescrizione. Si stava in pratica dicendo una cosa ed esattamente il suo contrario. Senza rendersi conto che si stava indicando quale è il problema vero, ossia lo straordinario numero di procedimenti penali che vengono aperti nel nostro Paese senza indicare una soluzione a quel problema. Il problema della prescrizione è legato all’organizzazione della macchina giudiziaria. Il problema del rinvio dei processi è legato all’organizzazione della macchina giudiziaria, il problema del diritto di non avere un processo infinito non ha nulla a che vedere con questi altri problemi. È invece un problema di una giurisdizione e di un sistema giudiziario che conosce perfettamente i motivi veri della prescrizione. Quando condanni qualcuno a troppi anni di distanza dal fatto non ha più senso la pena, quando processi qualcuno a troppi anni di distanza dal fatto è difficile che le prove siano le stesse che se il processo venisse fatto rapidamente. Allora questa vicenda della prescrizione, che io spero porti ad un ripensamento da parte del governo anche se obiettivamente sappiamo tuti che poi su questa questione si giocano altri equilibri, è vicenda che dimostra quanto sia importante la verità, l’informazione, i dati veri non quelli inventati. Perché sono quelli che poi conducono le persone ad avere certe idee sulle vicende legate al processo. Ed è importante riguardo anche non soltanto a questa vicenda della prescrizione ma a tutta la narrazione attorno al processo penale, così come hanno raccontato ai cittadini che i processi si prescrivevano per motivi che non erano veri eppure sapevano quali erano le ragioni vere perché avevano i numeri ed i dati, così per esempio oggi raccontano che uno dei problemi è che, dovendo cambiare i giudici che fanno i processi e potendo cambiare quei giudici, bisogna necessariamente salvare quello che quel giudice ha fatto nel corso del processo e così con un tratto di penna la Corte costituzionale (prima) e la Corte di Cassazione (poi) hanno eliminato una delle caratteristiche qualitative del processo, che è anche una delle caratteristiche intuitive del processo.
In un processo è giusto che chi giudica sia colui che ha assunto le prove, perché se chi giudica è semplicemente chi ha letto le prove assunte da qualcun altro si è perso per strada tutta una serie di informazioni fondamentali. Dall’atteggiamento del testimone, alla postura del testimone alle contraddizioni, ai balbettii, tutto quello che definiamo oralità del processo che è uno strumento cognitivo. Nel 1989 abbiamo combattuto come avvocati per regalare ai cittadini un processo come vuole la Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo per cui il giudice, la persona fisica che ha assunto le prove sarà poi quello che deciderà. Quale è il punto comune tra le due vicende? Ci hanno raccontato per una vita che i processi si prescrivevano dicendo una bugia perché gli avvocati li rinviavano, così oggi raccontano che gli avvocati strumentalizzano il principio di immutabilità del giudice per allungare i processi. Anche questo non è vero. Anche in questo caso incredibilmente gli avvocati sono gli unici a tirare fuori i numeri e le statistiche e le statistiche dicono che questo principio noi nemmeno lo difendiamo troppo, e questo dovrebbe recare disdoro alla nostra categoria. Ossia nemmeno chiediamo spesso che venga rispettato il principio di immutabilità del giudice. Eppure raccontano che in nome della ragionevole durata del processo bisogna eliminare questa questione fondamentale della qualità del processo. Una bugia di oggi identica a quella sulla prescrizione.
Qualcuno deve raccontare la verità sul processo penale in Italia ai cittadini. E anche adesso che molti si avvicinano a quei numeri ed impugnano quei numeri per dire che sì, abbiamo ragione, che la prescrizione non avviene per le lungaggini strumentalmente usate dagli avvocati sono gli stessi che probabilmente domani sarebbero disposti a non dire la stessa verità sull’immutabilità del giudice e a introdurre una tremenda regola, che già, purtroppo, in processi di reati gravissimi esiste e che è quella della possibilità di condannare qualcuno senza aver mai ascoltato un testimone nel processo. Sto parlando dell’articolo 190 bis del Codice di procedura penale. A volte accade che un processo vada avanti per anni, il collegio cambia totalmente e alla fine chi decide è una persona che ha solo letto ma mai veduto quello che è accaduto nel processo. Noi dobbiamo dire la verità sulla prescrizione così come dobbiamo dire la verità su quest’altra questione. Poiché dobbiamo riuscire a convincere i cittadini italiani che il processo non è soltanto una questione di efficienza se l’efficienza viene garantita sulla pelle della qualità del processo, perché quella pelle è la pelle dei cittadini italiani. Tanto per un processo senza fine che ha in mente il ministro Alfonso Bonafede quanto per un processo di carta come quello che ha in mente la Corte di Cassazione e l’Associazione nazionale dei magistrati.
(*) Avvocato penalista del Foro di Roma presidente e Lapec e Giusto Processo
Aggiornato il 16 dicembre 2019 alle ore 09:44