L’accordo tra l’ArcelorMittal, il gruppo anglo-indiano intenzionato ad acquisire l’ex Ilva di Taranto e il Governo italiano sta per saltare a causa dell’impossibilità di garantire agli ospiti indiani una sorta di protezione legale denominata impropriamente “scudo penale”, ritenuto necessario dagli indiani per attuare il previsto piano ambientale senza il rischio di responsabilità penali.
L’espunzione della contestata norma sull’immunità per i gestori delle acciaierie di Taranto dal decreto salva imprese 2019 sul quale il Governo ha posto la fiducia, è stata considerata possibile motivo di recesso in quanto costituisce “cambiamento di normative rilevanti”, come previsto dall’accordo.
Gli indiani sanno che l’Italia è al trentacinquesimo posto in Europa per l’efficienza del sistema giudiziario e tra gli ultimi al mondo, pertanto, probabilmente non si fidano ad essere perseguiti dalle nostre Procure.
Il problema è quindi il riferimento all’immunità, che deve essere risolto in qualche modo. Motivo di interminabili discussioni politiche, così come formulata la previsione legislativa si può prestare a rilievi costituzionali poichè le norme penali devono essere generali, cioè devono valere per tutti e non solo per un ristretto gruppo di persone.
Oltre a motivazioni giuridiche parti del governo hanno espresso perplessità anche in merito all’opportunità di non dover rinuciare alla sovranità, di cui la potestà giurisdizionale è elemento essenziale.
A parte le immunità giuridiche previste dai trattati internazionali quali la Convenzione di Vienna sulle immunità diplomatiche e consolari sottoscritta dalla totalità degli Stati del pianeta per tutelare i propri diplomatici nell’esercizio delle funzioni, esistono altre forme di garanzia dalla giurisdizione del Paese straniero in cui un funzionario va ad operare.
Ad esempio quasi tutti gli accordi bilaterali sottoscritti dal nostro Paese a livello governativo recano una clausola giuridica volta a consentire allo Stato di origine di giudicare i propri funzionari che commettono un reato nello Stato ospite.
Tale clausola ha valenza reciproca e lungi dal consentire l’immunità penale al cittadino straniero che viola le nostre leggi o a quello italiano che non rispetta le norme del luogo in cui soggiorna, permette lo spostamento della giurisdizione da un Paese all’altro.
Per l’Italia è obbligatorio inserire tale previsione in tutti gli accordi bilaterali negoziati con Paesi dall’ordinamento giuridico che si fonda su principi differenti da quelli occidentali o che prevedano la pena di morte. Molti allettanti accordi non sono stati finalizzati per la mancata accettazione della clausola da parte del paese contraente.
In questo caso anziché di immunità si parla di “riserva di giurisdizione”, istituto già più volte passato al vaglio della Corte costituzionale con esito positivo poichè in effetti chi si rende responsabile di una violazione non è immune dalla punizione ma è sottratto dalla giurisdizione del Paese che lo ospita e viene giudicato dai propri Tribunali. Mutuando il linguaggio dagli accordi governativi, forse con un’altra denominazione la norma utilizzata per l’ex Ilva sarebbe stata più facilmente accettata da tutti.
Aggiornato il 06 novembre 2019 alle ore 16:44