Le “supercazzole” del Premier

Durante l’ultimo question time alla Camera dei deputati, il premier Giuseppe Conte ha voluto rassicurare il Parlamento e i cittadini in merito al previsto aumento dell’Iva, il quale in assenza di misure alternative dovrebbe scattare il primo gennaio prossimo.

Dimostrando ancora una volta di essere un vero fuoriclasse nel campo delle “supercazzole”, Conte ha sciorinato tutta una serie di belle intenzioni, di cui come è noto è lastricata la via dell’inferno, con le quali scongiurare una mazzata fiscale da 23 miliardi di euro. Nessuna misura sufficientemente delineata dunque, secondo un sua oramai ben conosciuta cifra politica, ma solo un classico fritto misto di “faremo”, vedremo”, “risparmieremo”, senza uno straccio di numerino concreto da portare a sostegno del suo evanescente discorso.

Anzi, sul piano delle cifre in libertà il nostro si è mostrato particolarmente disinvolto, soprattutto quando ha trionfalmente dichiarato che il suo governo sta studiando interventi di revisione organica della spesa, le cui “voci oggetto di tale operazione sono valutate in 320 miliardi di euro”. Il che, conoscendo la composizione di un bilancio pubblico nel quale sembra una impresa storica tagliare qualche milione, equivale a non dire sostanzialmente nulla. Già che c’era, il buon Conte poteva includere l’intero ammontare della spesa pubblica, così da ottenere un effetto ancor più stupefacente presso un’opinione pubblica notoriamente affetta da idiosincrasia per il medesimo bilancio pubblico.

Ma è sul capitolo delle cosiddette tax expenditures, dette più banalmente agevolazioni fiscali, che il brillante avvocato foggiano ha raggiunto il vertice della sua oratoria del nulla. Egli, nell’indicare un perimetro d’intervento di 50 miliardi – mica bruscolini – ha così commentato: “L’azione di revisione sarà condotta individuando le voci volte a ridurre, eliminare o riformare le spese fiscali, in tutto o in parte ingiustificate, alla luce delle mutate esigenze sociali ed economiche o che si sovrappongono a programmi di spesa con le stesse finalità”.

Come vedete si tratta di un magnifico esempio di ermetismo in lingua politichese il quale, malgrado lo stesso Conte tenesse a presentarsi come il Premier del cambiamento, non sembra aver nulla da invidiare con una ben consolidata tradizione italiota. Tuttavia, al netto delle solidissime fumisterie del presidente del Consiglio, quando si parla di mettere mano alle citate agevolazioni fiscali, altro non si fa che predisporsi ad un aumento generalizzato della pressione tributaria allargata, sempre ammesso e non concesso che il nostro irresoluto primo ministro abbia la reale intenzione di percorrere questa assai impopolare strada.

In realtà, analizzando l’andamento sempre più pericolante di un bilancio pubblico in rapido deterioramento, possiamo solo dire che pure in questo frangente i conti di Conte, sebbene espressi a colpi di supercazzola, non tornano affatto e mai potranno tornare. Ciò con buona pace di chi ancora crede alle virtù taumaturgiche di un premier mediatore che prometteva un anno bellissimo mentre invece era solo un calesse.

Aggiornato il 29 luglio 2019 alle ore 11:27