
Il treno ad alta velocità si farà: parola del Presidente del Consiglio. D’altra parte, è facile prevedere la consacrazione definitiva della scelta con una decisione del Parlamento che, pur dividendo la maggioranza di governo, sarà presa a larghissima maggioranza.
A questo punto è inutile tornare sui dettagli tecnici dell’opera o su altre questioni che finora hanno occupato i terreni, anche fisici, degli scontri. E non perché gli scontri si possano considerare terminati. Tutt’altro. Ma perché la conclusione della vicenda del Tav porta finalmente a galla il vero tema politico, quello più profondo, rimasto sopito per anni: l'inconsistenza ideologica dei populismi. Questa è la vera questione che galleggia sotto i nostri occhi.
La politica che incarna i populismi è uno dei più grandi bluff della storia contemporanea. Non tanto perché semplifica la narrazione dei problemi: comunicare in maniera fluida, amplificare la voce del popolo, recepire i suoi bisogni, sono tutti aspetti apprezzabili positivamente. Ma perché il modo semplificato e diretto di comunicare con la massa è solo l’involucro mieloso della costruzione, è un bluff, appunto. Chi guida questi fenomeni persegue in realtà finalità molto più raffinate, nascoste, come ha recentemente scritto JW Müller nel bel libro Cos’è il populismo.
Il primo obiettivo è far credere al popolo, con strumenti mediatici di persuasione, che esso sia il solo soggetto legittimato a riempire la piramide istituzionale: esiste il popolo, nient’altro. Il paradosso è che una parte di esso alla fine crede davvero di possedere questa specie di legittimazione naturale e quindi non si sente più parte integrante di un sistema nel quale coabitano la dialettica, la mediazione e dove la politica, con l'intervento delle istituzioni rappresentative e dei partiti, tesse trama e ordito. Si sente, piuttosto, un monolite che si pone fuori dal sistema e contro l’élite tradizionale di governo, alla quale nega funzione rappresentativa perché considerata traditrice, colpevole e sporca. Tutta, senza distinzioni.
Per raggiungere questo risultato, i neo leader usano il doppio stratagemma di alterare la raffigurazione della realtà e di proporre soluzioni anch’esse distorte, irrealistiche nel contenuto e negli effetti, cavalcando onde emotive, paure, rabbia, risentimenti, livori collettivi, invidie sociali. In più deformano la percezione della rappresentatività democratica e alimentano la convinzione che solo con una loro investitura plebiscitaria, diretta e senza mediazioni, si possa raddrizzare il sistema in termini autenticamente democratici. La rete informatica, così, diventa la nuova cabina elettorale.
I populismi sono segatura oleosa sulla quale la democrazia rappresentativa scivola e sulla quale, alla fine dei giochi, il popolo stesso rischia di perdere l’equilibrio. Illuso di trovare nella nuova organizzazione la soluzione al tradimento consumato a proprio danno dalle vecchie élite, finisce per non rendersi conto che la loro colpevolizzazione e l'azzeramento dello spirito di mediazione lo porteranno ad essere espulso, esso stesso, dal circuito decisionale.
Questo è quello che è accaduto con la vicenda del Tav, questo è ciò che il suo epilogo rappresenta plasticamente. Ecco perché nel Movimento 5 Stelle la ferita brucia come fosse cosparsa di sale e aceto. Ecco perché la sua base si sta mobilitando nelle piazze e sulle montagne, ed ecco perché i suoi leader si mostrano smarriti, quasi afoni, non sapendo più che pesci prendere. Il populismo si è dimostrato per quello che è, che è stato sempre nella storia: o porta alla dittatura della maggioranza, o porta al nulla, schiacciato dalla forza della realtà e della democrazia liberale. Per ora realtà e democrazia hanno avuto la meglio.
Aggiornato il 25 luglio 2019 alle ore 10:36