Minaccia la crisi di un Governo che non c’è

Un Presidente del Consiglio dei ministri che in effetti non è tale, minaccia i capi delle due fazioni che si considerano loro i presidenti, di “dimettere” il Governo che, in realtà, non c’è, se non la smetteranno di considerarsi tra loro nemici giurati e al contempo opposizione del preteso Governo di cui, però, si considerano parti e, magari, presidenti.

Questo, e peggio che questo, è quanto sta avvenendo nel nostro Paese. Al contempo è guerra di insulti e, però, anche di imbrogli contabili con l’Europa. Andate a rivedere gli articoli che scrissi quando era in atto la procedura da cui è venuto fuori questo “coso”. L’incarico dato dai partiti (anzi, da un partito e da un pezzo di società commerciale che ha investito in politica) al presidente di incaricare un “mediatore” fu, da Sergio Mattarella, accettato come modo per arrivare ad avere un Governo purchessia. Una procedura incostituzionale e assurda che ha prodotto uno pseudo-governo assurdo e di dubbia costituzionalità sostanziale e formale.

Giuseppe Conte non è mai stato “Presidente del Consiglio dei ministri”, né tanto meno “Capo del Governo”. È stato, al più, un mediatore di riserva tra i due che sono considerati “capi” delle rispettive fazioni e reciproche opposizioni.

Con la trovata della minaccia di mandare a casa, dimettendosi, il cosiddetto suo Governo, caso unico nella storia dei Paesi retti con il sistema parlamentare, Conte ha dimostrato di essere presidente di un bel cavolo, di non esserlo mai stato e anzi ha messo la sua etichetta sul fatto che il Governo che minaccia di sciogliere non c’è e, anzi, non c’è, anch’esso, mai stato.

In tutta questa commedia brilla l’assenza di Mattarella. È lui che ha fatto nominare Conte “mediatore” dei due “Capi del Governo” (si fa per dire). È lui che, di tutti gli spropositi di questo mostriciattolo, ha mostrato di preoccuparsi solo di quelli relativi ai conti ed ai relativi rilievi dell’Europa. Che non sono poca cosa. Ma sono quasi nulla di fronte alle stravaganze di tutti i generi ed alle risse quotidiane sulle quali i due pezzi della cosiddetta maggioranza e della stessa compagine dell’Esecutivo si sono “misurati” nel corso di un anno.

Professore di diritto parlamentare, Mattarella sarebbe stato il più qualificato per sollevare la questione del pezzo di Parlamento di proprietà (redditizia) di una poco chiara società a responsabilità limitata, la “Casaleggio Associati”.

La compostezza di Mattarella è certo ammirevole. Ma essa è sinonimo di inerzia e non compensa le scompostezze costituzionali e di stile che si ripetono sotto i suoi occhi. Il Presidente del Camera dei deputati che insulta il proprio Paese, la sua storia, la sua identità, le sue Forze Armate, avrebbe dovuto trovare immediata e dura sanzione nelle parole del Capo dello Stato. Ma non è solo di parole che abbiamo bisogno. Certo però non di silenzi che, purtroppo, danno l’impressione, almeno, di una tolleranza colpevole se non delittuosa.

Aggiornato il 06 giugno 2019 alle ore 10:52