Un vuoto in Europa

C’è un vuoto in Italia. Anzi c’è forse in Europa. È il vuoto della mancanza di una forza politica liberale. Autenticamente liberale. Che, intanto, non abbia bisogno di distruggere tale sua essenza, qualificandosi, dandosi il nome, camuffandosi come partito dei “moderati” (mi consenta, Cavaliere…) popolare che è il portato della versione populista del liberalismo, già in epoca post-risorgimentale riverniciata da Don Sturzo ed impasticciata da quelli dopo di lui (Democrazia Cristiana, etc.) di Destra (che il liberalismo può e deve in certe fasi essere di Destra oppure di Sinistra).

La cosa si complica se facciamo riferimento, intanto, alla questione istituzionale Unionisti e Sovranisti (che poi sono, magari, “sopranisti” come Farinelli). È proprio il fatto che forze (e debolezze) che più o meno segretamente o più o meno con intollerabile presunzione aspirano ad essere la “forza liberale”, la materia destinata ad riempire il vuoto in Italia ed in Europa smentiscono nel più inesorabile dei modi di avere a che fare seriamente con il liberalismo già proprio con questa inesauribile tendenza al mimetismo nominale.

Anche a non voler accettare il rifiuto di una sostanziale identità tra liberalismo e democrazia, che diede al pensiero di Benedetto Croce il tono di un certo, deprecabile attaccamento alla situazione pre-risorgimentale e risorgimentale, è certo che a castigare il liberalismo (e la democrazia) sono state le velleità di “completarle” e “perfezionarle”, fino a cadere in una trappola populista, e come tale illiberale ed antidemocratica, di vagheggiamenti di una democrazia diretta. Potrei continuare a lungo allontanandomi dal problema tragico di questi giorni. O meglio, che in questi giorni sembra aver toccato il culmine.

L’Europa rischia grosso. Rischia di essere travolta da un sovranismo-sopranismo frutto delle sue ipocrisie e dei suoi tentennamenti, della sua falsa tranquillità degli scorsi decenni. È ora forse di cominciare a renderci conto che, Italiani ed Europei, siano vissuti tranquillamente (si fa per dire) sul comodo sentiero obbligato della Guerra Fredda, della coda dei Patti di Yalta, della dipendenza dall’ineluttabilità della Nato, dal “protettorato” Americano.

Non è solo la coincidenza temporale tra il crollo del Muro di Berlino e lo sfascio del Patto di Varsavia con la fine della nostra Prima Repubblica. Si va a votare il 26 maggio per il Parlamento europeo con una diffusa velleità di “liberazione” dai vincoli dell’Europa, quando, invece siamo giunti al momento di dare all’Europa il significato ed il sapore di una liberazione dai residui vincoli degli anni della Guerra Fredda, quando essere “liberali” nelle istituzioni non è più, neanche nel ricordo, un vincolo, una condizione d’obbligo, ma qualcosa da realizzare pazientemente con il nostro patriottismo nazionale ed europeo.

Il rigurgito di una “neutralità” degli anni del Muro di Berlino, rischia di avvelenare l’assunto di quelli che dovrebbero essere gli uomini della “maggiore età” Europea. Europea e liberale. Spero di tormentarmi inutilmente con queste pessimistiche considerazioni. Ma non è facendo gli scongiuri che si evitano le catastrofi.

Essere liberali. Chi lo è e non sente il bisogno di camuffarsi. Confidare nel fatto che non siamo i soli ad essere raziocinanti in questo Paese e di questi anni. Avere fede. Ma non solo. Lavorare per realizzarlo. Non siamo stati, non è stato certo il liberalismo, parassiti di Yalta. Non siamo, non saremo orfani della Guerra Fredda.

Aggiornato il 03 maggio 2019 alle ore 12:14