Di Maio sul treno dei desideri

Commentando il dato provvisorio divulgato dall’Istat in merito al primo trimestre 2019, il vicepremier Luigi Di Maio ha sciolto la briglia al suo oramai proverbiale trionfalismo: “L’Italia fuori dalla recessione dimostra che la direzione intrapresa dal Governo è quella giusta. Andiamo avanti come un treno verso il cambiamento”.

Ovviamente per gli imperterriti sostenitori del Movimento 5 Stelle, soprattutto coloro i quali proprio non digeriscono la cruda realtà dei numeri, tutto questo entusiasmo risulterà ben giustificato. Il loro giovane e onesto campione ha appena appreso che il Prodotto interno lordo italiano nel periodo gennaio/marzo ha fatto il botto, con una crescita congiunturale dello 0,2 per cento, la quale si riduce ad uno striminzito 0,1 per cento su base tendenziale.

In soldoni, dopo due trimestri con segno negativo, il capo politico dei grillini esorta il Paese a stappare lo spumante (lo champagne non va più di moda nel mondo incantato dei sovran-populisti) per un dato che, oltre a relegarci in fondo ad una Europa non certo entusiasmante sul piano della crescita, la stessa Istat considera ascrivibile ad una fase di preoccupante ristagno economico. Una sorta di rimbalzo del gatto morto trainato ancora una volta dall’export, come segnala correttamente il sempre attento Mario Seminerio sul suo blog, in cui viene riportato il seguente commento dell’Istat: “Dal lato della domanda, vi è un contributo negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un apporto positivo della componente estera netta”.

In pratica l’odiata globalizzazione, con accluse le catene transnazionali del valore, ci consente per l’ennesima volta di restare a galla, in attesa che il miracolo promesso di un poderoso rilancio della domanda aggregata interna, attraverso le fantastiche misure espansive dei giallo-verdi, faccia sentire i suoi effetti.

Nel frattempo, il treno dei desideri di Giggino, al pari di quello vagheggiato da Adriano Celentano in una sua celebre canzone, nei suoi “pensieri all’incontrario va”, nella direzione di un colossale precipizio economico-finanziario. E ci sta andando a tutto vapore, come si suol dire, visto che con gli zero virgola dei marziani al potere il controllo dei conti pubblici e la conseguente sostenibilità del nostro enorme debito sovrano risultano improponibili. Tant’è che, con l’approssimarsi di una manovra lacrime e sangue da 40/50 miliardi che nessuno sembra volersi intestare, i mercati potrebbero far deragliare assai prima del previsto il meraviglioso treno del cambiamento.

Tuttavia, in attesa dell’inevitabile schianto, possiamo continuare a “divertirci” con il sinistro teatrino propagandistico dei geni al potere. Il Paese non cresce, ma Di Maio e soci con le loro altisonanti promesse lo fanno viaggiare più velocente del mitico pendolino; naturalmente nella fantasia dei grulli.

Aggiornato il 03 maggio 2019 alle ore 11:08