Renzi allo specchio del populismo

Noi italiani saremo pure un popolo di santi, eroi e navigatori, ma, da sempre, eccelliamo pure in due specialità non certo invidiabili: il servo encomio e il codardo oltraggio.

Con l’ascesa e la caduta di Matteo Renzi il fenomeno si è riprodotto puntualmente. Chi scrive è riuscito ad astenersi dal primo vizio (non facile, credetemi, nell’epicentro del renzismo), e per nulla al mondo vuole scadere nel secondo, ma una qualche riflessione sul Renzi-pensiero nel momento della sconfitta occorre pur farla.

Il nostro, in un’intervista resa al Corriere della Sera, oltre ad annunciare la nascita dell’ennesima fondazione, ormai usuale buen retiro di chi momentaneamente non incontra i favori degli elettori, si lancia in una lettura, quantomai autoassolutoria, delle attuali difficoltà del Movimento 5 Stelle, giungendo a pronosticare un’imminente caduta di qualsivoglia populismo di governo.

Insomma, Renzi continua a rivendicare di aver fatto tutto bene, e, anzi e di più, sarebbe anche l’artefice della distruzione (politica) dei Cinque Stelle.

Ora, al netto di ogni ironia, che sarebbe in ogni caso troppo facile, e comunque rischierebbe inevitabilmente di scadere nel codardo oltraggio di cui sopra, l’infondatezza di quest’ultima affermazione renziana è lampante: i Cinque Stelle si stanno, per ora, distruggendo alla prova del governo, ma tutto il loro patrimonio di consenso lo stanno regalando all’alleato leghista, altro che ai pop corn dell’aventino renziano.

Verrebbe da dire che il re è nudo, ma ciò che è preoccupante è che Renzi mostra per l’ennesima volta di non capire quale sia l’autentica radice dei populismi oggi al governo. Tutti i populismi, infatti, tendono a definirsi sulla base dell’identificazione di un nemico: nemici interni che complottano, e nemici esterni che aggrediscono. Oggi i nemici interni si individuano, verso l’alto, nelle élites intellettuali, e verso il basso, in qualsiasi forma di emarginazione o devianza.

Ma è sicuro Renzi di non avere, con tutto il suo armamentario di rottamazioni, di gufi, di magistrati d’assalto al governo, di omicidi stradali, e chi più ne ha più ne metta, sdoganato questo populismo che non distingue cittadini, ma semplicemente amici e nemici? Ed estendendo queste considerazioni all’uso populistico del processo penale, ché sempre lì si torna, non pensa Renzi di avere qualche colpa nella sua accentuazione demagogica per ottenere consenso? Perché, hai voglia ad aver ragione a denunciare le mille storture del nostro sistema penale, quale ad esempio l’abuso della carcerazione preventiva, quando ti toccano da vicino, ma se lasci che dalle tue parti si possa indulgere nel linciaggio mediatico, per dirne una, della Corte di Appello di Bologna che si permette di ridimensionare una pena che la piazza vorrebbe immancabilmente esemplare, in po’ di credibilità la perdi.

E, prescindendo da Renzi, che non è certo né il principale né l’unico responsabile del vittimismo permanente e della logica del nemico che si sono impossessati di questo Paese a far data dall’epopea di “Mani Pulite”, qualche domanda ce la vogliamo fare? Perché, in conclusione, l’effetto vero di questo impazzimento è che ormai si è stravolta ogni soggettività politica; non si ragiona più per classi, e neppure per interessi omogenei, ma sempre e soltanto attraverso logiche di tipo identitario: amici contro nemici, e nient’altro.

Ebbene, se esiste un pezzo di questo Paese che si è stancato di un sistema in cui la ricerca del consenso elettorale ad ogni costo divenga fonte di legittimazione per qualsivoglia scempiaggine, batta un colpo. Altrimenti, non sarà certo l’ennesima fondazione a salvarci.

Aggiornato il 11 marzo 2019 alle ore 10:58