Si è scatenato sul “caso” del ministro Matteo Salvini e dei suoi interventi sul divieto di sbarco dei “ripescati” dalla nave “Diciotti” una bagarre singolare per la sciocchezza degli atteggiamenti assunti un po’ da tutti sui risvolti che sono di un’importanza assai seria e grande per le Istituzioni dello Stato e per le conclusioni che se ne dovessero trarre nella valutazione degli atteggiamenti e delle responsabilità che su di essi assumono o stanno per assumersi partiti ed Autorità del nostro Paese.

Il “Tribunale dei Ministri” del Distretto di Catania ha chiesto l’incriminazione di Matteo Salvini ai sensi dell’articolo 96 (responsabilità dei ministri per atti commessi nell’esercizio delle loro funzioni) in relazione al caso del divieto di sbarco i migranti raccolti dalla nave Diciotti, già oggetto dell’insana iniziativa del Procuratore della Repubblica di Agrigento e caso archiviato dal Tribunale dei Ministri di Palermo. Dell’originaria imputazione agrigentina è rimasto il capo di imputazione, o, almeno, a quel che se ne sa, i titoli dei reati invocati, tra i quali il grottesco “sequestro di persone mediante mancata accoglienza”.

Il cosiddetto “Tribunale dei Ministri” che ha promosso l’accusa è uno strano organismo, ricavato dalla magistratura giudicante del capoluogo della Corte d’Appello competente, ma con funzioni non giudicanti ma requirenti. La richiesta di procedere avanzata da tale ibrido organismo è esaminata da uno dei Rami del Parlamento. Se l’azione penale è autorizzata, si procede secondo la legge ordinaria. Tale procedura ha sostituito quella originaria stabilita dalla Costituzione, che prevede la “messa in stato d’accusa” da parte della Camera ed il giudizio avanti alla Corte costituzionale “allargata” con i componenti estratti a sorte in un elenco speciale.

Ho la grave responsabilità di aver sostenuto la modifica delle originarie disposizioni al riguardo, che, se avevano un carattere un po’ troppo macchinoso, garantivano l’indipendenza dell’Esecutivo dal potere giudiziario. Posso invocare a mia attenuante il fatto che allora non era assolutamente pensabile che si potesse profilare la sopraffazione del potere politico del Governo da parte di un vero e proprio Partito dei Magistrati, che andò formandosi proprio negli anni Ottanta, quelli stessi della modifica.

La mia responsabilità non mi spinge a sostenere che gli inconvenienti del sistema attuale siano di poco conto. Il “caso” Salvini dimostra il contrario. Il cosiddetto “Tribunale dei Ministri” è una garanzia contro qualcuna delle intemperanze di singoli Pm non certo contro le prevaricazioni della “casta-partito”. Inoltre questa squadra di magistrati giudicanti con funzioni requirenti determina, oltre tutto uno sbilanciamento in pro dell’accusa per il livello di autorevolezza dei giudici in funzione di Pm (magistrati anziani) a fronte di quelli che, invece, potranno essere chiamati a giudicare, magari con rito abbreviato Presidenti del Consiglio e ministri che non è detto debbano essere tutti Salvini o Di Maio o Toninelli.

Se da queste considerazioni generali passiamo a quelle sul caso specifico oggi al massimo dell’attenzione della pubblica opinione c’è subito da dare atto di un acceso scontro tra le parti politiche e di una indiscutibile influenza sulla sorte stessa del Governo oltre che il collegamento con questioni di principio coinvolte nel merito stesso del caso, che sono una particolare gravità. E manifesto è il pericolo di quello sconfinamento e prevaricazione giudiziari (espressi addirittura in un partito pronto sempre a sostituirsi al potere politico). È grave per la stravaganza di almeno una delle imputazioni (che sembra aver voluto ripetere quella della Procura di Agrigento per una malintesa e in sé pericolosa solidarietà). Ma è grave soprattutto perché sembra formulata proprio al fine esplicito di dimostrare che, procedendo con la legge costituzionale oggi in vigore (Tribunale dei ministri, autorizzazione delle Camere e giudizio ordinario) chi vi abbia interesse può alimentare con mezzi distorti ed impropri lo scontro politico e determinarne, magari, la soluzione.

Del resto nell’addebito penale che si muove a Salvini, sul quale c’è da scrivere assai più di quanto è possibile fare qui ed oggi, si riproduce il vizio di fondo di tutte le imputazioni tipiche della autentica campagna terroristica che il “Partito dei Magistrati” conduce contro i “politici”, cioè gli amministratori di Regioni, Comuni ed enti, in base all’assurdo principio, prodotto di una giurisprudenza a sua volta dettata da esigenze di un’“uso alternativo della giustizia”, principio secondo cui ogni violazione di una legge e di un regolamento compiuto da un amministratore è un “abuso” e, quindi, quanto meno, un reato di “abuso d’ufficio”.

In realtà se dovesse passare l’imputazione ed il processo a Salvini, noi metteremmo non questo Governo, non questa sciagurata classe politica oggi maggioritaria, ma il Governo, i Governi della Repubblica, la politica di oggi e di domani alla mercé della magistratura. Fine di ogni illusione di liberalismo e di democrazia. L’opposizione, quel tanto che ce n’è e se ce n’è non compia l’errore di dare essa una mano alla demolizione dei principi basilari delle Istituzioni di una Repubblica democratica, per disfarsi del compito di combattere e battere maggioranza e Governo. Spero di essermi spiegato a sufficienza e di non dover sentir commentare questo scritto con uno stupido “però quel Salvini se le va cercando, è arrogante e antipatico etc. etc.”.

Aggiornato il 30 gennaio 2019 alle ore 10:50