La coerenza di Forza Italia

Nel dibattito sulla manovra finanziaria in discussione in Parlamento Forza Italia ha scelto la strada dell’opposizione senza sconti al Governo giallo-blu. Era suo dovere farlo. Tuttavia, c’è modo e modo per svolgere il ruolo che la dinamica democratica assegna alle forze di opposizione.

In linea di principio, dovrebbe essere preferibile opporre ricette alternative a quelle della maggioranza senza però mai giungere a rinnegare la propria storia politica nell’intento di conseguire un mero profitto tattico. È da un po’ che sentiamo crescere nei dirigenti forzisti una sorprendente vocazione rigorista nell’osservanza delle regole imposte da Bruxelles sui saldi di finanza pubblica, di cui francamente non avevamo memoria. Intendiamoci, non è che in politica non si possa cambiare idea, l’importante è spiegarlo agli elettori che hanno vergato il simbolo con la scritta “Berlusconi presidente” nella convinzione di aderire ad un progetto di Paese chiaramente definito. In queste ore i massimi rappresentanti forzisti si dicono preoccupati che a Roma arrivi la “troika”, cioè che l’Italia faccia la fine della Grecia e venga commissariata dagli organismi internazionali che vigilano sui conti pubblici degli Stati. E tutto per l’incapacità del Governo giallo-blu di rientrare nei parametri di deficit fissati dai guardiani europei dei conti. Tutto ciò nello stesso momento in cui la Francia brucia e la Gran Bretagna si prepara ad una traumatica separazione dall’Unione europea.

Sostengono i dirigenti forzisti che il Governo, per evitare la procedura d’infrazione, dovrebbe riscrivere la manovra finanziaria tagliando le stime di crescita per il 2018 dal +1,2 al +0,9 per cento e per il 2019 dal +1,5 al +0,8 per cento. Il che comporterebbe una riduzione del rapporto Deficit/Pil dal +2,4 per cento annunciato al +1,8 per cento. I grillini e i leghisti dovrebbero dire addio all’introduzione del Reddito di cittadinanza e alla “quota 100” per l’età pensionabile. Se andasse così, si presume che Forza Italia canterebbe vittoria. Ma c’è qualcosa che sfugge alla nostra comprensione. Non più tardi del febbraio di quest’anno, in prossimità della scadenza elettorale per il rinnovo del Parlamento, il leader Silvio Berlusconi scendeva in campo annunciando un programma molto ambizioso. Il vecchio leone di Arcore, annusando nell’aria lo scontento popolare, prometteva, in caso di vittoria, di portare le pensioni minime a 1000 euro mensili e di darle anche alle casalinghe. Sul fronte della povertà contrapponeva al Reddito di cittadinanza grillino di 780 euro, il Reddito di dignità a 1000 euro mensili. Rispetto all’esigenza di incrementare la liquidità finanziaria, Berlusconi pensava alla doppia moneta, con l’obiettivo dichiarato di un parziale recupero della sovranità monetaria. Sul fronte fiscale è noto che Forza Italia avesse abbracciato in toto la filosofia della Flat Tax, l’aliquota unica per tutti senza condizionalità. Berlusconi in persona aveva annunciato, riguardo al capitolo delle deduzioni fiscali, la sacrosanta estensione delle agevolazioni ai possessori di animali domestici. Al capitolo del Welfare Forza Italia, sottoscrivendo il programma del centrodestra, aveva accettato il punto che parla esplicitamente di “azzeramento della Legge Fornero”, oltre a quelli riguardanti il raddoppio delle pensioni minime di invalidità, gli asili nido gratuiti e il sostegno alla natalità.

Ora, la domanda è: con quali denari si pensava di realizzare una tale fiera delle meraviglie? È ovvio che i 4.596.956 elettori che lo scorso 4 marzo hanno votato alla Camera dei deputati Forza Italia abbiano creduto alle promesse del suo leader. Oggi, i dirigenti forzisti dicono che non si può sgarrare con l’Europa. Qual è la verità? Quella di prima o quella di adesso? Vi supplichiamo: fateci capire, se c’eravate voi al Governo il boom della spesa pubblica si poteva fare e al diavolo gli eurocrati di Bruxelles mentre, visto che al timone ci sono altri, scopriamo solo ora l’oculatezza della formica obbediente? Ribadiamo, cambiare idea si può ma occorre onestà intellettuale e coerenza. Se i dirigenti forzisti ci hanno ripensato debbono trovare la forza e il coraggio di andare dagli elettori a raccontare la verità. Credeteci sulla parola: non desidereremmo di meglio che elogiarli per il loro comportamento responsabile a condizione, però, che dicano agli elettori come stanno realmente le cose con il vecchio leone di Arcore. Perché delle due l’una: o ammettono che Berlusconi, e loro con lui, ha raccontato un mare di balle agli elettori oppure che le idee del leader non trovano più spazio nella nuova Forza Italia. Può starci anche questa seconda opzione purché poi, al momento di recuperare uno strapuntino nei palazzi del potere, la ritrovata classe dirigente forzista non pretenda che il vecchio leone acchiappavoti faccia il miracolo di tenerla a galla, magari rispolverando gli accordi con quella Lega salviniana con la quale oggi la nuova Forza Italia, per ammissione dei suoi stessi dirigenti, non ha granché da spartire.

Aggiornato il 11 dicembre 2018 alle ore 11:44