Attenzione alla legge Lincoln

Con il rapido approssimarsi della Manovra di Bilancio, in cui nel Governo si registra il crescente nervosismo soprattutto della componente grillina, aleggia lo spettro di quella che potremmo definire come la legge di Abramo Lincoln e che rivolta a Luigi Di Maio e soci suona più o meno così: potete ingannare tutti per qualche tempo e alcuni per tutto il tempo, ma non potete ingannare tutti per tutto il tempo. Ed è proprio in base a questo aforisma espresso dal celebre presidente americano che stanno per schiantarsi al suolo i sogni di gloria e le illusioni taumaturgiche di chi aveva promesso coperture a gogo per redditi di cittadinanza universali e altre fantasticherie irrealizzabili del quarto tipo.

“I soldi ci sono”, hanno ripetuto come un mantra per anni gli epigoni di Beppe Grillo dai comodi banchi dell’opposizione. Ma oggi che essi sono entrati trionfalmente nella stanza dei bottoni, promettendo per bocca del loro giovane capo politico che avrebbero riempito d’oro zecchino le tasche dei loro creduli elettori, si scopre che si tratta solo dei quattrini degli altri, sotto forma di deficit di bilancio. In pratica nuovi prestiti con cui far lievitare a dismisura il nostro già mostruoso indebitamento pubblico e, per soprammercato, avvitarci in una spirale recessiva senza speranza, come ha correttamente ammonito il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, dominata da un aumento incontrollato dei tassi, da una fuga in massa dei capitali e da un catastrofico disincentivo verso ogni forma di investimento.

Questo in estrema sintesi il quadro macroeconomico che si prospetta nel caso, in verità assolutamente malaugurato, si dovessero appena abbozzare le misure portate avanti con incredibile sicumera dall’Esecutivo dei miracoli. Ciò, sempre richiamandoci alla dura requisitoria di Visco, porterebbe la sostenibilità del debito pubblico fuori traiettoria, lanciando un pessimo segnale ai mercati i quali, come accade sempre in questi casi, reagirebbero in maniera molto decisa nei confronti dell’Italia, rendendo assai proibitivo fare ricorso alla bacchetta magica del deficit, come invece sogna di realizzare a mani basse l’irriducibile Giggino.

Giunto al fin della licenza al prode Di Maio piacerebbe certamente portare la fatidica stoccata a colpi di reddito di cittadinanza, ricevendo la ben meritata corona d’alloro con tanto di marcia trionfale. Tuttavia non solo i quattrini del bilancio sono già praticamente tutti impegnati, ma pure quelli degli altri, come ci ricordava spesso la compianta Lady di ferro, sono destinati molto presto a finire, al pari del consenso di illusionisti e cantastorie.

Aggiornato il 24 settembre 2018 alle ore 10:21