Un sentiero per le riforme di sistema previste dal “Contratto” di governo Lega-Cinque Stelle esiste. È una via stretta ma c’è. Parola di Giovanni Tria. Il ministro dell’Economia, intervistato ieri l’altro da “Il Sole 24 Ore”, traccia la road map per la Legge di bilancio che approderà il prossimo autunno in Parlamento. Tria solleva una questione di metodo: le cose, anche le più complesse, si possono fare a patto che si abbandonino i toni da stadio.
Quindi, niente assalto al fortino di Via XX Settembre da parte delle tifoserie dei due partiti che sostengono la maggioranza di governo. Matteo Salvini e Luigi Di Maio sono avvisati. Comunque, rassicura Tria, “l’avvio delle misure principali del contratto di governo è compatibile con i vincoli di finanza pubblica”. È un segnale chiaro e forte ai mercati che non vengono spaventati dai provvedimenti legislativi assunti dai governi ma dall’incertezza che scaturisce da una politica che non sa decidere. Quindi, su reddito di cittadinanza e riforma fiscale non si può giocare al tira-e-molla, bisogna partire dal 2019 indicando le misure da adottare subito e quelle da implementare negli anni successivi. Sull’abolizione, invece, della Legge Fornero per Tria occorre un supplemento di riflessione. C’è la curva d’incidenza della spesa previdenziale di medio-lungo termine da tenere d’occhio. Lo spread che ha ripreso a salire non preoccupa il ministro. Lo si vuole riportare a livelli sostenibili? La ricetta è crescere in modo significativo. È con lo sviluppo economico che i mercati riacquistano fiducia. Gli investimenti pubblici possono essere un efficace stimolo endogeno alla crescita ma, come sottolinea il ministro, grava un blocco sulle opere pubbliche che va rimosso. Non è questione di denari, quelli non mancano, piuttosto in Italia si sta smarrendo una cultura della progettazione. Col pretesto dei vincoli di bilancio, le articolazioni dello Stato hanno smesso di programmare. Per il ministro ci vorrebbe un nuovo Genio civile che si ponga al servizio degli Enti locali per aiutarli a costruire scuole, ospedali e case. E sulle grandi opere che i Cinque Stelle vedono come fumo negli occhi? Tria è lapidario: “La Tav… come altre grandi opere fanno parte di piani di infrastrutturazione europei che non vanno messi in discussione”. Quindi, l’opposizione reiterata dei grillini è solo baccano propagandistico, destinato a spegnersi. Resta il problema delle coperture ai provvedimenti da attivare dal 2019. Sul punto Tria mostra di avere idee chiare. Il prossimo anno il deficit tendenziale si attesterà intorno all’1,2 per cento. La trattativa con la Commissione Ue dovrà focalizzarsi sull’opposizione a manovre correttive di eccessiva portata pro-ciclica perché farebbero ulteriormente rallentare l’economia, mettendo a rischio il percorso di riduzione del debito che il Governo giallo-blu non mette in discussione.
Come non è in discussione il blocco dell’aumento dell’Iva previsto dalle clausole di salvaguardia. Al più, si parlerà di un possibile riordino delle aliquote in un quadro complessivo di semplificazione dell’attuale modello applicativo. Sulla Flat tax, la strada che Tria prefigura è quella dell’aumento progressivo della soglia d’accesso al regime forfettario del 15 per cento che già a legislazione vigente consente a professionisti, partite Iva e artigiani un’importante riduzione del carico fiscale. La Flat tax è una sorta di uovo di Colombo: cambiando l’ordine degli addendi la somma non cambia. Ci sono 102,5 miliardi di euro in sconti fiscali alla voce detrazioni e deduzioni nonché 9,4 miliardi del “Bonus” inventato dal Governo Renzi, conteggiati nelle Dichiarazioni dei Redditi 2017, sarà sufficiente riordinarli dirottandone buona parte in direzione dell’abbassamento generale delle aliquote. Poi, si chiamerà Flat o Dual Tax o riduzione fiscale, poco importa, ciò che conta è la sostanza. Peccato, però, che l’abolizione dell’Irap non sia all’ordine del giorno. Mentre lo è la “pace fiscale”. Chiudere il contenzioso in essere tra cittadini e Fisco vale qualcosa di più di un semplice sconto sul dovuto all’Erario. Si tratta di riattivare il flusso di capacità lavorativa e professionale paralizzato dal comportamento dannosamente punitivo che lo Stato ha assunto nei confronti di quei cittadini che, sovente per cause non dipendenti dalla loro volontà, non sono stati in grado di onorare gli impegni con il fisco. Anche per il reddito di cittadinanza si seguirà il medesimo criterio di ri-etichettatura dei capitoli di spesa con l’assorbimento della maggior parte degli odierni strumenti di welfare nel sistema di sostegno al reddito che si intende realizzare. Resta il punto, inderogabile, del freno alla spesa corrente. Tria conta di fissare obiettivi di spesa ai quali i singoli ministeri dovranno adeguarsi. Una spending review di fatto che porterebbe a un risparmio tendenziale, per il prossimo anno, di 10 miliardi di euro. Fin qui Tria che, per propria ammissione, potrebbe definirsi “l’uomo della crescita felice”.
Ora si tratta di capire se ciò che dice il ministro corrisponda a quel che il Governo farà, a prescindere dalle dichiarazioni roboanti, talvolta debordanti dalla realtà, dei due azionisti di riferimento della maggioranza giallo-blu. Intendiamoci, se la linea di finanza pubblica sarà quella di Tria non si abbatteranno sui conti pubblici le dieci piaghe d’Egitto pronosticate dai critici affetti da eccesso di partigianeria contro l’anomalia giallo-blu, piuttosto, si vedrà l’embrione di un processo di cambiamento a lungo atteso dagli italiani. E questi giovani leader politici saliti alla ribalta sulla spinta del favore popolare? Altro che mangiare il panettone! Vedranno succedersi molte lune prima che l’astro della loro fortuna politica tramonti. Diversamente, non il loro destino personale ma quello dell’intera nazione sarà riposto nelle enigmatiche mani degli dei.
Aggiornato il 27 agosto 2018 alle ore 12:03