Questa volta ci siamo! Se la politica attendeva il voto in Friuli-Venezia Giulia per risolvere il rebus del governo nazionale, la risposta dell’elettorato è giunta chiara e forte: vince il centrodestra con ampio margine.
A un passo della fine dello scrutinio (1354 sezioni su 1369) il leghista, più salviniano di Matteo Salvini, Massimiliano Fedriga, è il nuovo governatore della Regione dell’estremo confine orientale. Come si diceva una volta. La sua vittoria, peraltro ampiamente annunciata, è stata opera di una coalizione di centrodestra che si è ritrovata coesa e compatta a sostenerne la candidatura, fino in fondo. Con qualche inevitabile oscillazione. Fedriga è passato con un clamoroso 57,16 per cento dei consensi, staccando di molte lunghezze il diretto competitor Sergio Bolzonello, candidato della coalizione del centrosinistra in versione “all inclusive” con i fratelli-coltelli della sinistra radicale. Bolzonello è al 26,80 per cento che, vista l’aria che tira dalle parti del Partito Democratico, è quasi un miracolo. Deludente, al limite dell’irrilevanza, la prestazione di Alessandro Fraleoni Morgera del Movimento Cinque Stelle che ha totalizzato l’11,69 per cento.
Dobbiamo dire grazie ai friulani se il ballon d’essai di un’Italia convertita al grillismo lo scorso 4 marzo si è miseramente sgonfiato. Perché, ben oltre i numeri dei candidati alla presidenza della Regione, valgono quelli che le singole liste hanno riportato. E che sono per molti aspetti sorprendenti. Innanzitutto l’affluenza. Ha votato il 49,61 per cento degli aventi diritto, cioè 549.360 elettori. Sembrerebbero pochi. In effetti la percentuale non si discosta da quella delle precedenti regionali dove votò il 50,48 per cento. Vi è una singolare peculiarità friulana per la quale l’affluenza alle urne delle politiche attrae una percentuale di votanti superiore a quella delle regionali. È stato così nel 2013 e l’andamento si è confermato nella “partita doppia” in questo 2018. Il 4 marzo infatti si è recato alle urne il 75,12 per cento degli elettori. Segno che l’opinione pubblica non ha gran fiducia in ciò che l’istituzione regionale possa fare di buono e di concreto per i cittadini. Sarà il primo e più complicato compito del neo-governatore Fedriga invertire il trend convincendo i delusi che un altro Friuli è possibile. Poi c’è la sfida tra le coalizioni e dentro di esse. Il dato più significativo è quello della Lega. È stato un botto. Non tanto per il 34,95 per cento raggiunto quanto per il fatto che il movimento di Salvini partiva dall’8,28 per cento delle regionali del 2013 che, a sua volta, migliorava il dato, disastroso, delle politiche dello stesso anno. La Lega dell’ultimo Bossi aveva toccato il fondo segnando il 6,70 per cento dei consensi.
C’è poco da fare: a Nord credono in Salvini. Lo dicono i numeri: oltre 100mila voti in più nel volgere di un quinquennio. Un record se si considera il totale dei votanti. Non vi è dubbio alcuno che da domani il presidente Sergio Mattarella avrà un problema in più nel tenere ostinatamente chiusa la porta al tentativo di Salvini di formare il governo. Soprattutto perché il successo leghista è amplificato dal tonfo dei Cinque Stelle. Con tutta la visibilità di cui Luigi Di Maio e compagni hanno goduto in queste settimane avrebbero dovuto fare sfracelli, anche in Friuli. Invece, si sono sfracellati. Perché l’11,68 per cento raccolto dal candidato pentastellato è perfino bugiardo rispetto alla presa del Movimento sull’opinione pubblica. La lista Cinque Stelle, infatti, ha rimediato uno striminzito 7,08 per cento. Per intenderci: si tratta di circa 25mila voti in meno rispetto alle elezioni regionali del 2013 e 145mila in meno di quelli ottenuto appena lo scorso 4 marzo. Se non è una fuga in massa dall’allucinazione grillina, poco ci manca.
Ora, il buon senso imporrebbe al vertice quirinalizio che ha il boccino del governo tra le mani di porsi la domanda: è opportuno affidare la guida del Paese a qualcuno che in un’area decisiva qual è quella del Nord-Est scende nel consenso parecchio sotto la soglia psicologica del 10 per cento? In un Paese normale una cosa del genere non sarebbe neanche lontanamente immaginabile. Eppure, gli italiani restano appesi alla decisione dello sconfitto di questa stagione, il Partito Democratico, sulla possibilità, cedendo alle pressioni dei vari establishment interni ed esteri, di mettersi in alleanza con i pentastellati per formare un Esecutivo. L’alleanza contronatura Pd-Cinque Stelle avrebbe certamente la simpatia interessata di alcune cancellerie europee, impegnate a mantenere a Roma un governo debole, ma non quella più schietta della maggioranza della popolazione. Come esercizio della democrazia a noi non sembra un granché.
A proposito del Pd. Domenica se l’è cavata. Poteva andare peggio dopo cinque anni di governo della regione di Debora Serracchiani, invece si è limitato a contenere le perdite restando in linea con il dato nazionale conseguito alle ultime politiche: il 18,07 per cento. Ma non facciamo i pesci in barile. Dopo aver contato le pulci sull’altrui pelo non possiamo far finta di nulla a proposito del centrodestra. Nella sfida interna tra le sue componenti la Lega ha trionfato, mentre a Forza Italia poteva andare decisamente meglio. La lista berlusconiana ha ottenuto il 12,08 per cento. Che è un pianto se si considera il voto del 2013 dove l’allora Pdl raggiunse il 20,05 per cento, ma che si trasforma in un grosso sospiro di sollievo se lo si raffronta al 10,67 per cento delle politiche del 4 marzo scorso. Si tratta, come sempre, di decidere se guardare il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Visto che per statuto in Forza Italia si è ottimisti, allora: bicchiere mezzo pieno.
A margine, è giusto dare conto del buon risultato di Fratelli d’Italia. L’odierno 5,45 per cento friulano si colloca sopra la media nazionale del partito. Comunque, il risultato della coalizione di centrodestra resta eccellente: 62,75 per cento. Numeri importanti dai quali ripartire per rimettere in piedi il Paese. Chi l’avrebbe detto: da oggi il Friuli-Venezia Giulia è la “linea del Piave” del centrodestra. Speriamo che porti bene.
Aggiornato il 30 aprile 2018 alle ore 14:35