Sull’iniziativa assunta da Luigi Di Maio di incaricare un pool di esperti, capitanati dal giurista Giacinto Della Cananea, di verificare la compatibilità dei programmi delle diverse forze politiche in vista della formazione di un governo di coalizione, l’ironia si è sprecata. Ma non era il caso perché il lavoro svolto dal comitato dei professori, seppure con molte ombre, presenta aspetti illuminanti circa le intenzioni dei Cinque Stelle sulle sorti del Paese.
Gli esperti compiono una ricognizione della realtà assolutamente fedele nel dichiarare che tra le forze politiche in campo sussistano divergenze che derivano da visioni diverse se non opposte della vita associata e di ordine morale. E tali divergenze, essi concludono, “riguardano temi e problemi tra quelli più rilevanti per l’azione dello Stato… e sono tali da rendere ardua la formazione di un governo coeso”. Per gli esperti è comunque possibile provare a comporre accordi di coalizione. L’esperienza fatta in altri Paesi lo dimostrerebbe. Ma sono proprio gli esempi che il Comitato cita nel documento a certificare la problematicità di dare alla luce in Italia un “Koalitionsvertrag”. I riferimenti sia alla Germania del quarto Governo Merkel, sia alla Gran Bretagna del 2010 evidenziano la presenza di una condizione che, al momento, nel quadro politico italiano non c’è: le coalizioni in quei Paesi sono state basate sul presupposto della netta affermazione di un partito politico sugli altri.
In Italia i Cinque Stelle hanno avuto un ottimo risultato ma non sono il baricentro del sistema. Il centrodestra ha fatto meglio di loro e anche il centrosinistra, pur essendo risultato perdente, ha ottenuto un consistente numero di seggi parlamentari. Perché questo particolare è decisivo? La premessa su cui si fonda una coalizione è che vi sia un partito in grado di fornire le coordinate “filosofiche” sulle quali incardinare l’azione di governo a cui i partiti minori si aggiungono apportando il proprio contributo all’offerta programmatica. Cinque Stelle, Centrosinistra e Centrodestra sono universi paralleli e compatti, per cui non si comprende chi dovrebbe rinunciare alla propria identità per svolgere una funzione ancillare rispetto all’altrui egemonia. E poi di quale Cinque Stelle parliamo? Il tratto programmatico che emerge dal “Contratto” è la negazione del “Movimento” protestatario che abbiamo conosciuto negli anni dei “Vaffa!”. Gli “anti” di ieri sono diventati i pro-establishment del “lodo Della Cananea”. Non comprendiamo cosa vi sia più di incendiario nello scrivere: “Occorre tenere conto dei rischi d’instabilità finanziaria i quali hanno un’importanza speciale in ragione dell’elevato debito pubblico”. Sembra vedere Di Maio indossare il loden di Mario Monti. E il rapporto con l’Europa? Il “Contratto” prescrive di restare rigorosamente nel perimetro dei Trattati stipulati con i Paesi che partecipano all’integrazione più stretta in Europa. Tradotto: l’Italia a guida Cinque Stelle non si discosta dall’orbita dell’asse franco-carolingio Macron-Merkel. Anche l’azione di governo che il “Contratto” profila rientra tutta all’interno dei saldi di finanza pubblica approvati e ratificati da Bruxelles. Non si fa alcun accenno a piani d’investimenti da finanziare a debito ma soltanto a un recupero delle risorse dalla razionalizzazione della spesa pubblica.
Sulle infrastrutture il “Movimento” conferma gli impegni nell’espansione della rete dell’alta velocità, con buona pace dei “No-Tav” che avevano creduto allo spirito dinamitardo dei vari Grillo, Di Battista, Fico e soci. E sul tanto pubblicizzato “Reddito di cittadinanza”? Il documento non ne fa menzione. Anzi, sulle misure di contrasto alla povertà si parla testualmente di: “Potenziamento degli attuali sostegni al reddito”. Come dire: continuità con Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. A cercare col lanternino un’idea che appaia un minimo destabilizzante c’è forse la questione della Cassa Depositi e Prestiti che nelle intenzioni dei pentastellati dovrebbe diventare il polmone finanziario pubblico per realizzare una “moderna democrazia industriale”. Sarà, ma dietro l’ambiguità della locuzione sentiamo l’odore stantio di una nuova Cassa del Mezzogiorno che, sotto forma di banca pubblica per il mediocredito, gioca pericolosamente con i risparmi degli italiani. Nei 10 punti del “Contratto” vi sono annunciate alcune iniziative condivisibili, in particolare in materia di riforma del processo tributario e del rapporto cittadino-fisco. Se è così allora perché temere tanto l’avvento dei Cinque Stelle a Palazzo Chigi? Lo spiega lo stesso professor Della Cananea: il problema non è negli obiettivi che, enunciati con un notevole grado di genericità, non appaiono in sé minacciosi. È nell’implementazione degli strumenti di attuazione delle policies e nelle modalità d’approccio ai diritti dei cittadini che si nasconde l’insidia di un governo nemico della democrazia. Un esempio: tutti sono concordi nel desiderare che vi sia meno corruzione. Ma con quali mezzi la si combatte? E, soprattutto, con quali compressioni alle garanzie che lo Stato di Diritto assicura al cittadino? Se ci può stare il cosa, ciò che preoccupa dei Cinque Stelle è il come essi intendano perseguire gli obiettivi di governo. E il non conoscerne le intenzioni non fa desiderare di averli alla guida del Paese. Questa è la differenza che ci fa diffidare di loro!
Aggiornato il 30 aprile 2018 alle ore 13:52