La vicenda siriana mette in luce ancora una volta che il problema principale della politica estera italiana non è di scegliere tra Donald Trump e Vladimir Putin. Cioè tra confermare o ribaltare la tradizionale fedeltà all’alleanza occidentale. La collocazione del nostro Paese all’interno dell’Alleanza Atlantica non può essere messa in discussione. Non solo perché i patti e gli impegni vanno rispettati, ma anche e soprattutto perché la storia e le condizioni geopolitiche non consentono nessun altro tipo di posizione per l’Italia. Qualunque governo dovesse trovarsi alla guida del Paese non potrebbe non partire dalla piena e convinta riaffermazione di questa certezza assoluta.
Ma basta la riconferma della tradizionale collocazione internazionale per risolvere il problema della politica estera del nostro Paese? La tragedia che si consuma da sette anni in Siria è solo uno dei tanti indicatori dell’evoluzione degli equilibri internazionali seguita al progressivo declino dell’egemonia mondiale americana e al conseguente tentativo di Russia, Cina e le potenze regionali del Medio Oriente (Turchia, Iran, Arabia Saudita e mondo sunnita) di occupare gli spazi di volta in volta lasciati dagli Stati Uniti.
Tenere conto del grande fenomeno in atto e ripensare e ridefinire il modo con cui stare all’interno della tradizionale alleanza diventa un obbligo per chiunque abbia il compito di guidare il Paese nel prossimo futuro. Risolvere la questione limitandosi a garantire agli Stati Uniti l’uso delle basi Nato in Italia pur sottolineando che da loro non partono raid di tipo offensivo è ciò che può fare un governo legittimato a svolgere solo gli affari correnti. Un Esecutivo nella pienezza dei propri poteri deve andare oltre. Non limitandosi a ripetere, come fa Luigi Di Maio, il mantra vuoto della fedeltà che troppo spesso nasconde una tendenza fin troppo conosciuta alla politica della doppiezza. Ma trasformando la fedeltà passiva e poco affidabile in una fedeltà paritaria fondata su un ruolo più attivo dell’Italia sullo scenario europeo e mediterraneo.
Non ci si deve scoraggiare pensando che quando nel passato l’Italia ha avviato un percorso del genere, con la grande mediazione di Pratica di Mare, con i rapporti con la Libia di Gheddafi e con la distensione nei confronti della Russia di Putin, è stata immediatamente punita da alcuni partner europei con la guerra libica e le successive interferenze interne di stampo golpista del 2011.
La fedeltà passiva e ambigua non serve all’alleato Usa. È il tempo di una fedeltà più attiva, solida, autonoma e matura!
Aggiornato il 17 aprile 2018 alle ore 13:55