La questione settentrionale

In merito all’esito del referendum consultivo di Veneto e Lombardia, leggo e ascolto le interpretazioni più disparate. Anche in questo caso sembra prevalere una certa qual italiota tendenza ad arruolare, tanto a destra che a sinistra, con l’aggiunta del grillismo montante, nel proprio ideale schieramento politico-culturale i cittadini che si sono espressi pro o contro un determinato quesito. Ma in questo caso mi sembra di poter sostenere che la schiacciante vittoria del fronte autonomista abbia radici ben più profonde rispetto alle superficiali chiavi di lettura che molti propagandisti di professione vorrebbero vendersi a buon mercato.

Radici profonde che ancora una volta chiamano in causa una delle eterne problematiche di un Paese sempre traballante sotto tanti punti di vista: la questione settentrionale. Basta ascoltare la stragrande maggioranza dei cittadini, soprattutto nel Veneto, intervistati in merito al citato referendum per comprendere senza troppi fronzoli il problema di fondo. Questa gente, a torto o a ragione, sembra determinata a ricercare non una autonomia farlocca, la quale lasci invariata la sostanza delle cose, bensì una autonomia che consenta di trattenere in loco la maggior parte delle risorse da essa prodotte. Risorse che, conti alla mano, per tutta una serie di complesse ragioni storiche e politiche da molti decenni emigrano altrove, consentendo al sistema politico di gestire il consenso nelle zone più economicamente depresse del Paese attraverso forme piuttosto scandalose di assistenzialismo.

Da questo punto di vista, l’annosa questione dei forestali calabresi e siciliani, per la cronaca più numerosi di quelli canadesi, piuttosto che gli addetti al conteggio dei tombini palermitani, rappresentano solo alcuni simboli eclatanti identificati dallo storico autonomismo settentrionale per evidenziare il suo nemico principale: l’assistenzialismo. In questo senso il tema dell’eccesso di tassazione e di burocrazia che strangolano le imprese del Nord, almeno nella mente di molti cosiddetti polentoni che tirano la carretta, non è disgiunto con quello della valanga di quattrini che consente a intere zone dell’Italia di vivere di spesa pubblica.

Che si chiami residuo fiscale o che si definisca in altro modo, sin da quando l’uomo viveva nelle caverne la questione del controllo delle risorse è sempre stata fondamentale negli equilibri politici di una società. Equilibri i quali, nella fattispecie, si ha l’impressione che non possono più essere gestiti con le semplici chiacchiere di una politica politicante.

Aggiornato il 26 ottobre 2017 alle ore 21:12