Il federalismo della base

Non fa una piega la richiesta di uno Statuto speciale per la Regione Veneto avanzata dal governatore Luca Zaia. L’esito del referendum è stato fin troppo chiaro. Ma ancora più chiare sono le indicazioni provenienti dai comuni veneti confinanti con le regioni a Statuto speciale come il Friuli-Venezia Giulia e il Trentino-Alto Adige che chiedono di abbandonare il Veneto ed entrare nelle regioni a fianco per poter usufruire dei privilegi di cui godono i vicini. In fondo perché mai il Cadore e Cortina non dovrebbero beneficiare delle stesse condizioni di favore riservate alla Val Gardena e alla Val Badia?

La richiesta di Zaia ha messo il dito in una piaga che risale alla nascita della Repubblica. Gli Statuti speciali per la Sicilia in preda a fermenti secessionisti e per le regioni a rischio di irredentismo dell’arco alpino, vennero decise dai Padri Costituenti allo scopo di tenere unita una nazione a rischio di sfaldamento e di disgregazione dopo la sconfitta nella Seconda guerra mondiale. In fondo si trattava di una sorta di federalismo limitato che riguardava alcune regioni a rischio e che non si estendeva all’intero territorio nazionale dove l’istituzione regionale venne realizzata solo alla fine degli anni Sessanta.

Da allora ad oggi le condizioni che determinarono la formazione delle regioni a Statuto speciale sono profondamente cambiate. Le spinte secessioniste sono sostanzialmente scomparse e al loro posto è subentrata la consapevolezza degli abitanti di queste regioni di usufruire di condizioni migliori non solo dei cittadini del resto della Repubblica ma anche dei confinanti dei Paesi stranieri. Gli Statuti speciali, in sostanza, hanno determinato una forte differenza di trattamento tra i cittadini dello Stato italiano. E Zaia, con la sua richiesta avallata dal risultato referendario, non ha fatto altro che chiedere che per gli abitanti della propria regione questa differenza venga eliminata.

Naturalmente a nessuno sfugge che l’iniziativa del governatore veneto sia destinata a innescare una valanga di richieste analoghe. Perché mai le regioni a Statuto ordinario dovrebbero rinunciare ad ottenere il riconoscimento delle loro peculiarità storiche, culturali ed economiche accettando per i propri cittadini una condizione minoritaria rispetto a quella dei cittadini delle regioni più fortunate?

Per gestire un fenomeno del genere non c’è che una strada. Quella della parificazione delle condizioni di tutti i cittadini attraverso il federalismo. Che a differenza del passato non verrebbe realizzato dall’alto, ma imposto dalla base!

Aggiornato il 26 ottobre 2017 alle ore 08:15