
A proposito della polemica innescata dalle dichiarazioni del ministro dell’Interno Marco Minniti sul rischio di tenuta democratica del nostro Paese a seguito dell’esplosione del flusso di migranti, il nostro direttore nel suo editoriale di ieri pone una questione che merita di essere sottolineata. Si chiede Arturo Diaconale: chi e perché delle organizzazioni internazionali con forti legami con settori del nostro Paese puntavano a far saltare la tenuta democratica dell’Italia? Bella domanda. È ovvio che una risposta certa ed esaustiva non c’è a meno che non ci si voglia abbandonare al facile complottismo nello stile del crozziano “Napalm51”. Tuttavia, si sono verificati eventi che giustificherebbero più di una preoccupazione. Proviamo a metterli in fila.
È un fatto che alcune delle Ong impegnate nelle operazioni di recupero dei migranti a largo della costa libica sono state sussidiate da noti speculatori della finanza internazionale del calibro di George Soros che nel settembre dello scorso anno aveva annunciato di voler investire 500 milioni di dollari, attraverso la longa manus della “Open Society”, per iniziative volte a favorire l’arrivo di migranti in Italia. È un fatto che il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, nell’intervista rilasciata lo scorso aprile al programma “Agorà” di Rai Tre, afferma testualmente: “Si perseguono da parte di alcune Ong finalità diverse: destabilizzare l'economia italiana per trarne dei vantaggi. Se l'informazione è corretta, questo corto circuito non si può creare salvo per effetto di persone che vogliono creare confusione”.
Nonostante gli alti lai della sinistra buonista seguiti alle dichiarazioni del procuratore, nessuno al Csm ha osato mettere in discussione il magistrato catanese, tantomeno ordinarne un trattamento sanitario obbligatorio. Con ciò dimostrando che sebbene allo stato di mera ipotesi investigativa qualcosa di concreto su cui indagare vi fosse. È un fatto che non sono stati pochi, nel variegato mondo della solidarietà pelosa, a gioire quando lo scorso 25 luglio un maldestro Emmanuel Macron combinava un incontro a Parigi tra il primo ministro libico Fayez al-Sarraj, riconosciuto dalla comunità internazionale e il suo diretto rivale, il generale Khalifa Haftar escludendo platealmente il governo italiano dall’iniziativa di pace. È un fatto che, a fronte della linea intrapresa da Minniti per arrestare il flusso dei migranti, la statunitense Associated Press ieri l’altro con sorprendente tempismo pubblica un’inchiesta su indicibili accordi segreti tra il governo italiano e la criminalità libica inquadrata nelle milizie paramilitari della cittadina di Sabrata, in Tripolitania, base di partenza dei barconi di migranti per le coste italiane. Come, a suo tempo, è stato un fatto la misteriosa morte del giovane ricercatore italiano Giulio Regeni, torturato e ucciso da membri delle forze di sicurezza egiziane proprio nel momento di massimo sviluppo delle relazioni commerciali e diplomatiche tra i due Paesi del bacino del Mediterraneo. Semplici casualità? Può darsi. Ma qualche dubbio è più che lecito. Ribadiamo: nessun cedimento alle teorie complottistiche. Però il sospetto dell’esistenza di un disegno occulto per mettere sotto schiaffo l’Italia bisognerebbe essere ciechi a non vederlo. L’unico modo per venirne a capo è che chi ha il potere e gli strumenti per indagare vada in fondo alla faccenda. Magari approfondendo quel pensiero apparentemente criptico che il procuratore Zuccaro tirò fuori nella sua intervista e che i media di regime, per disattenzione o interesse, non vollero coltivare come invece avrebbero dovuto.
Resta la domanda posta da Arturo Diaconale che, a chiosa, ci permettiamo d’integrare con un’altra. Chi dal 2011 in avanti, oltre all’azione conclamata di Nicolas Sarkozy, sta lavorando dietro le quinte per tenere l’Italia fuori del riassetto degli equilibri egemonici nel quadrante geopolitico del Mediterraneo meridionale sconquassato dalle “Primavere arabe”? Al momento c’è da essere pessimisti in ordine all’aspettativa di verità. Le istituzioni italiane, tenute in ostaggio da personaggi espressione della perniciosa ideologia terzomondista e multiculturalista, non sono disponibili a perseguire questa strada. Solo un nuovo governo di opposto segno potrà aprire il capitolo delle responsabilità cercando, sul terreno della politica, di individuare i mandanti di quel progetto di destabilizzazione di cui le Ong sono state solo l’ultima propaggine esecutiva.
Aggiornato il 01 settembre 2017 alle ore 20:09