
In tema di contrasto all’immigrazione il ministro dell’Interno Marco Minniti sta compiendo scelte condivisibili. E questo lealmente glielo riconosciamo. Ma onestà intellettuale vuole che, sul progetto di dirottare gli immigrati negli edifici confiscati alla mafia, gli si dica che sta per commettere un errore mostruoso. La soluzione a cui pensa il ministro per risolvere il problema delle occupazioni abusive praticate dagli immigrati contraddice le motivazioni che lui stesso ha posto a base della scelta di cercare d’arrestare in Libia il flusso dei migranti.
Minniti ha confessato, nel corso di un dibattito, a Pesaro, alla festa de l’Unità dell’altro ieri che, nel giugno scorso, a fronte dell’esplosione del fenomeno degli sbarchi, ha temuto seriamente per la tenuta sociale e democratica del Paese. Se questa è stata la sua principale preoccupazione, e gli crediamo, perché allora riaccendere una miccia che tanto faticosamente si sta cercando di spegnere? Pensare di dare i beni confiscati alla mafia agli immigrati che, per di più, si sono resi protagonisti di atti illegali (perché un’occupazione abusiva è un reato), farebbe saltare i nervi a chiunque. Prioritariamente a quegli italiani più sfortunati che in questi anni di dura crisi hanno perso la casa e sono stati buttati per strada senza troppi complimenti.
In Italia la questione abitativa è un’emergenza sociale diffusa. Gli alloggi popolari non sono in numero sufficiente. E quelli che ci sono vengono assegnati prevalentemente agli immigrati i cui nuclei familiari hanno caratteristiche maggiormente rispondenti ai criteri stabiliti dai regolamenti comunali. Un’inchiesta di Massimo Malpica per “il Giornale” documenta, carte alla mano, come nel Comune di Ferrara sui primi 55 posti della graduatoria per l’assegnazione delle case popolari solo 14 siano italiani, mentre su un totale di 590 richiedenti il 58,82 per cento siano stranieri. Un’indagine del 2014 della Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora (Fio.Psd) condotta in collaborazione con l’Istat stimava in 50.724 unità la quota di persone senza dimora. Di queste, il 42 per cento italiane. Per restare agli esempi, non si è ancora dissolta l’eco dello scandalo tarantino dello scorso anno quando 47 italiani senza tetto, del quartiere Salinella della città pugliese, erano stati cacciati da un centro d’accoglienza a cui si erano rivolti per un riparo provvisorio perché “non erano profughi”.
Se su tutto questo malessere piomba come un macigno la decisione ministeriale di portare gli abusivi stranieri a stare nei beni confiscati alla criminalità, c’è il rischio che l’agognata tregua sociale vada definitivamente a farsi benedire. Ma è anche questione di simboli. Molti italiani, soprattutto quelli delle fasce più deboli, sono stati vittime della sopraffazione mafiosa. Quanti onesti artigiani e piccoli imprenditori hanno dovuto cessare le attività lavorative per la pressione insopportabile della criminalità organizzata? Molti finiti immeritatamente in povertà meriterebbero dallo Stato un segno tangibile di solidarietà e di vicinanza. Magari occorrerebbe un risarcimento materiale e morale da dare a coloro che hanno pagato il prezzo più doloroso all’arroganza mafiosa. Più in generale, quei beni giustamente sottratti alla criminalità spetterebbero di diritto a tutta la comunità nazionale che patisce oltre misura il peso di tenersi in pancia il bubbone infetto dell’antistato dei mafiosi, camorristi e ‘ndranghetisti. Invece, Minniti vorrebbe riservare agli allogeni il frutto buono cresciuto sulla malapianta criminale e lasciare agli italiani di spartirsi quelli avvelenati.
Ma c’è anche una questione pratica che coinvolge l’estetica dell’operazione. I beni confiscati alla mafia comprendono abitazioni lussuose e dotate di molti confort. Si rende conto il ministro di cosa accadrebbe se dovessimo assistere in mondovisione all’ingresso degli irregolari e dei clandestini nelle ville con piscina e vasca idromassaggio proprio mentre “Rete 4” manda in onda la storia della povera anziana, figlia disoccupata e nipote disabile a carico, 320 euro di pensione al mese e uno sfratto esecutivo alle porte, che chiede aiuto in lacrime a favore di telecamera? Attento, ministro. È sulle bucce di banana che si rimediano le cadute più rovinose. E questa dei beni confiscati da dare agli immigrati a noi più che una buccia sembra un intero tir di banane.
Aggiornato il 31 agosto 2017 alle ore 10:51