
È così perfetta, riportata con espressioni pressoché identiche dai tre Vangeli sinottici, che anche il dubbio più ferrato si sbriciola. Eppure è un dubbio forte, non campato per aria: la parabola del denaro - “Date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio” - ha tutta l’apparenza di una interpolazione, con la quale giustificare la diversità profonda che intercorre tra il cristianesimo e l’ebraismo circa il rapporto con l’Impero Romano. Mentre per gli ebrei l’Impero (ma direi ogni forma statuale) è visto come avversario, intrinsecamente estraneo se non ostile verso il quale non potrà non avere un atteggiamento intransigente il popolo di Jahvè, sempre in attesa del suo Messia liberatore, i cristiani, tra una persecuzione e l’altra, ma anche nonostante le persecuzioni, non ebbero un atteggiamento di avversione preconcetta e dichiarata verso il Potere terreno: non li riguardava. E, se non sbaglio, il primo martire cristiano è Santo Stefano, un militare dell’esercito imperiale…
Anzi, non appena se ne presentò la possibilità e l’opportunità, con il potere imperiale il cristianesimo dialogò e venne a patti, e infine a esso si assimilò, nella forma greco-ortodossa o in quella latino-cattolica. Nell’una o nell’altra versione, il cristianesimo sviluppò quella che era la sua novità essenziale: la “storicità” della sua Novella. Nel cristianesimo, Dio si fa carne e partecipa, fattosi “uomo”, alla storia, al suo svolgimento. C’è addirittura una sua interpretazione della storia come sequenza di eventi “provvidenziale”, guidata dalla mano di Dio.
La storia dell’Europa - e dunque, diciamo la storia dell’Occidente - è tutta permeata da questa concezione. Ma tale “provvidenzialità” si è manifestata ed esplicata proprio nel contatto e nella gestione del potere, dall’epoca imperiale al Medioevo del Sacro Romano Impero alle monarchie cristiane. Con la Riforma il rapporto si spezza, la “salvezza” giunge all’uomo non “nella” storia, attraverso le buone azioni, ma per impulso divino, misterioso e davvero “gratis”: si è salvi per “grazia” divina, la storia non è più religiosamente provvidenziale. L’Illuminismo dà il colpo finale a questa vetusta, venerabile concezione. Ma a lungo, da Hegel a Marx, gli uomini hanno ugualmente attribuito alla storia doti metafisiche: il passaggio dal dominio borghese alla società comunista è un passaggio, a suo modo, “provvidenziale”, anche se si realizza in forme “materialistiche”. Il materialismo ha una sua metafisica, è stato spesso notato.
Ora, con questo complesso rivolgimento del concetto stesso di “provvidenza”, fino al suo passaggio alla materialità e occasionalità di una storia del tutto laicizzata, il cristianesimo entra in una seria difficoltà: non riesce più a trovare le motivazioni per cui l’umanità debba rifarsi e attenersi alla parola di Cristo. Le Chiese danno la colpa di questa scomparsa della Provvidenza (del Sacro) all’uomo, non guardano a se stesse, alle proprie responsabilità o colpe. O magari al fallimento storico della loro missione. Papa Ratzinger ha provato a presentare all’uomo un suo “massimario” nel quale racchiudere il senso della necessità della Chiesa. Erano parole incise a caratteri d’oro, ma astratte e lontane. Non si può dire che siano state ascoltate. Adesso, Papa Francesco sta tentando la via opposta: quella di immergere la parola cristiana nella storia mentre diviene, mentre si fa con il suo sangue e la sua merda. Spogliatosi di ogni paramento, sale verso il Golgota…
Insieme a molti altri segni, anche questo ci dice che stiamo assistendo a un passaggio storico epocale. Come si suole dire, chi vivrà vedrà.
Aggiornato il 30 agosto 2017 alle ore 16:44