L’antidoto liberale al dilagante populismo

Di fronte al dilagare di una cultura politica orientata al populismo, che sembra contaminare l’intera classe politica, una solida impostazione laica e liberale rappresenta l’unico antidoto efficace per contrastare il colossale inganno collettivo che sta interessando gran parte del Paese.

Infatti, solo una visione fondata sul buon senso e su una rigorosa presa d’atto della realtà sembra in grado di contrastare con efficacia la contagiosa utopia di un grillismo che promette miracoli a costo zero. Così come dimostra la surreale vicenda del ddl Richetti sui vitalizi dei parlamentari, la tentazione di presentare al popolo soluzioni farlocche per realizzare il Paradiso in terra è molto forte, anche dalle parti di quella sinistra moderata di governo che, insieme alla sua storica avversaria costituita dalla destra liberale, dovrebbe rappresentare un argine agli avventurismi di tutti i colori.

Ma a quanto pare, soprattutto dopo la nascita del cosiddetto renzismo, anche nel Partito Democratico la propensione a fiutare l’aria del momento, rincorrendo il Movimento 5 Stelle sulla strada delle illusioni, sta assumendo livelli sconcertanti, così come segnala su “Il Foglio” Marco Taradash in una acuta lettera al direttore. Sta di fatto che se si abbandona completamente l’approccio laico e liberale sulle cose generali e si entra nella terra di nessuno del populismo, possiamo abbandonare ogni speranza di salvezza. Così come in passato è avvenuto altrove, rincorrere chi propone ricette semplici e a buon mercato per colossali problemi sistemici rischia di condurre il Paese verso un inesorabile destino di diffusa povertà.

Proprio in merito alla spinosa questione dei privilegi di cui gode la casta politico-burocratica, un approccio laico e liberale tenderebbe ad affrontare la problematica proprio su un piano sistemico, prendendo atto che l’unica strada percorribile, soprattutto nel Paese dei furbi per antonomasia, è quella che passa per una graduale riduzione dell’intervento pubblico a tutti i livelli. Anche perché all’interno di una democrazia affetta da collettivismo strisciante, con una mano pubblica che spende circa il 55 per cento della ricchezza prodotta, è difficile pensare che chi si trovi in cima alla gigantesca piramide della redistribuzione, ovvero la medesima casta politico-burocratica, non ne tragga un proprio cospicuo vantaggio.

Immaginare, al contrario, come fanno i populisti, che si possa addirittura ampliare il livello della redistribuzione collettivista semplicemente sostituendo chi spende in quattrini degli altri con una nuova schiatta di integerrimi sacerdoti del bene è semplicemente folle. Sotto questo profilo esperienza, buon senso e realismo non faranno mai rima con populismo.

Aggiornato il 28 luglio 2017 alle ore 21:05