Il totem dell’acqua pubblica

La vicenda della crisi idrica della Capitale sta assumendo toni da farsa. Se da una parte abbiamo una sindaca Virginia Raggi che sembra essere caduta dal pero per l’ennesima volta, trincerandosi dietro un altisonante “sia fatto tutto il possibile per assicurare l’acqua ai cittadini romani”, dall’altra si assiste a un ridicolo palleggio tra il governatore del Lazio Nicola Zingaretti e l’Acea, la municipalizzata che gestisce il servizio idrico.

In particolare, la stessa Acea ha divulgato un curioso comunicato stampa in cui sostiene di aver appreso dai giornali l’esistenza di un piano di emergenza elaborato dalla Regione Lazio, senza alcuna preventiva discussione con chi è chiamato a fornire direttamente l’acqua agli utenti. Evidentemente tra il dem Zingaretti e un’azienda a conduzione grillina non scorre buon sangue, o buona acqua, tanto da non riuscire a parlarsi neppure nel corso di una siffatta emergenza.

Ma a prescindere da queste surreali schermaglie, tutti gli attori in commedia hanno fatto parte di quel variegato fronte iper-collettivista il quale, al grido “giù le mani dall’acqua pubblica”, si è battuto a suo tempo contro una blanda privatizzazione del medesimo servizio idrico. Un servizio da Quarto Mondo che, soprattutto da Firenze in giù, spreca quantità colossali di acqua a causa di infrastrutture fatiscenti. La manutenzione degli acquedotti è del tutto insufficiente, così come insufficienti sono gli investimenti per ammodernarli, visto che in Italia la politica preferisce dirottare i quattrini verso lidi più proficui sul piano del ritorno elettorale. Ma guai a mettere in discussione il tabù dell’acqua pubblica, ultimo retaggio di un’ideologia fallita che, tuttavia, in questo Paese di sognatori continua a trovare sempre nuovi interpreti, come i collettivisti del momento a Cinque Stelle. Tutta gente che, insieme a personaggi del calibro di Zingaretti, vi racconta la favola a lieto fine dell’acqua bene comune. Almeno fino a quando alla prima siccità gli sprovveduti cittadini che ancora credono a simili favole sono costretti obtorto collo a farsi un simbolico bagno di realtà, dal momento che con la poca acqua disponibile anche una breve doccia è messa in discussione.

Aggiornato il 24 luglio 2017 alle ore 19:17