Renzi come Lutero: scrive tesi

“Aiutiamoli a casa loro”. A esprimersi in questi termini sul fenomeno migratorio è Matteo Renzi. A uno sguardo superficiale tanto basterebbe per dimostrare che viviamo davvero in un mondo alla rovescia. Tuttavia, il ragionamento è più complicato.

Certamente nell’asserzione riportata in “Avanti”, l’ultima fatica letteraria dell’ex premier, c’è una buona dose di propagandismo. Le recenti batoste elettorali che hanno messo in ginocchio il Partito Democratico e frustrato le manie di grandezza del suo leader lo hanno indotto a un cambio di linea sull’accoglienza illimitata dei migranti. Renzi sa bene che la bocciatura incassata in parte è dipesa dagli effetti negativi che l’invasione di extracomunitari ha avuto sulla popolazione. Gli italiani, com’è noto, hanno un’indole ospitale. Ma scambiare la disponibilità ad accogliere chi soffre con la manifesta impotenza di fronte a un fenomeno dilagante è risultato inaccettabile. Da qui il messaggio depositato nelle urne: o si cambia strada sull’accoglienza oppure il Pd si scordi di continuare a dettare legge. Renzi, che è cinico ma non stupido, ha colto il segnale e innesta la retromarcia su un punto dirimente della sua pregressa linea politica. Non senza però lasciare basiti i sodali della sinistra radical-chic da “terrazze romane”, i quali si erano sinceramente convinti di aver conquistato l’egemonia imponendo al Paese la filosofia della società aperta, senza frontiere e culturalmente contaminata.

A questo riguardo il cambio di rotta è palmare. Scrive Renzi: “Dobbiamo avere uno sguardo d’insieme uscendo dalla logica buonista e terzomondista per cui noi abbiamo il dovere di accogliere tutti quelli che stanno peggio di noi”. Uscire dalla logica buonista e terzomondista. Sa di abiura degna del Sant’Uffizio. E cita pure “L’elogio delle frontiere” di Régis Debray: si vede che non c’è più religione a questo mondo! Renzi revisionista pone una pietra tombale su una stagione ideologicamente marcata da quell’“assalto al cielo” dell’identità italiana da sempre nel mirino delle armate catto-comuniste. Sul punto non c’è equivoco anche perché in merito al tema identitario il segretario piddino rincara la dose.

Scrive ancora Renzi: “La parola ‘identità’ è una parola positiva, non negativa. Identità non è il contrario di integrazione: il contrario di integrazione è disintegrazione. Senza identità non è possibile alcuna apertura. Senza identità la contaminazione sarebbe semplicemente annullamento. Può dialogare, contaminare e farsi contaminare chi ha un’identità forte, della quale non si vergogna. Chi viene qui deve fare i conti con la nostra identità. Che è innanzitutto identità, culturale, civile, spirituale, sociale”. Sorge il sospetto che lo scolaro Renzi abbia copiato dai maestri Oswald Spengler, l’autore de “Il tramonto dell’Occidente” e Thomas Mann, di “Considerazioni di un impolitico”, quando essi interpretano la differenza tra “Kultur” e “Zivilisation”, fondamento della “Rivoluzione conservatrice” nel primo Novecento tedesco. Dobbiamo convenire con i “compagni” della sinistra che accusano Renzi di una svolta a destra. È sorprendentemente vero. Benché l’interessato smentisca, la torsione intellettuale lo ha condotto a rivitalizzare un pensiero autenticamente conservatore. Ora, si potrà obiettare non senza ragione che Renzi ci abbia abituato a tutto e al suo contrario.

Per un uomo tanto superficiale da comprimere la “summa” del suo pensiero politico nei 140 caratteri di un tweet, parafrasando Carlo Levi, le parole non sono pietre ma biglie colorate con le quali creare giochi di luce. Quindi, non realtà ma proiezioni alterate del reale. Tuttavia, i pensieri quando messi in movimento assumono vita propria, indipendente dalla loro fonte creatrice. È questo il caso. Renzi, non sappiamo quanto consapevolmente, con la sua virata a 180 gradi, ha provocato uno spostamento dell’asse della politica determinando un effetto simile a quello che in astronomia si chiama precessione degli equinozi. Per intenderci: se le nuove coordinate valoriali del Paese sono quelle indicate da Renzi nel suo libro-manifesto allora ciò che fino a ieri abbiamo ritenuto estremista, populista, xenofobo, diventa centrale nella determinazione della politica nazionale. Ne consegue che i partiti come la Lega verrebbero risucchiati dalla forza centripeta dell’asse moderato-riformista del centro politico. Se così fosse, la coalizione di centrodestra non avrebbe più ali radicali ma costituirebbe un insieme omogeneo di natura centrista. Con tutte le conseguenze del caso sul fronte della stabilità di governo.

Aggiornato il 11 luglio 2017 alle ore 22:16