
Il caso Consip insegna. Nessun partito cerca di forzare la mano al Senato perché nessuno ha l’intenzione di andare alle elezioni con l’attuale legge elettorale. In condizioni politiche normali la vicenda in cui sono coinvolti alcuni dei massimi componenti del cosiddetto “giglio magico” renziano potrebbe facilmente sfociare nella crisi di governo. I numeri del Senato sono non solo esigui ma anche volatili. E se non ci fosse lo spettro della crisi e delle elezioni anticipate con il Consultellum uno sbocco del genere sarebbe facilmente ipotizzabile. Ma lo spauracchio di un voto anticipato con un sistema sicuramente sbilenco esiste. Non a caso alcuni esponenti dell’area di maggioranza lo hanno brandeggiato per convincere i più riottosi a non forzare la mano. Ed è solo grazie a questo spauracchio che il caso Consip non esplode coinvolgendo anche la parte finale della legislatura.
La considerazione potrebbe spingere a sermoneggiare sulla elasticità spesso poco morale dell’attività politica. Ma sarebbe decisamente più opportuno e più razionale se ponesse i partiti di maggioranza e d’opposizione di fronte al problema della assoluta inadeguatezza del sistema elettorale attualmente in vigore. L’occasione del caso Consip, in sostanza, dovrebbe spingere le forze politiche a riprendere in tutta fretta il discorso sulla riforma del Consultellum per arrivare a un sistema di voto che non garantisca solo l’instabilità e la breve durata della prossima legislatura.
È possibile riprendere per i capelli il modello simil-tedesco su cui si erano trovati d’accordo i quattro partiti maggiori e che è stato cancellato dal solito voltafaccia del Movimento Cinque Stelle? O la strada da tentare è quella, sicuramente complicata, della ricerca di un accordo tra tutte le forze politiche ad esclusione degli inaffidabili grillini?
Il tema va comunque posto. Perché la questione di una correzione del Consultellum, piccola o grande che sia, va comunque affrontata e risolta.
Aggiornato il 22 giugno 2017 alle ore 21:34