La lezione francese a liberali e riformisti

La scontata vittoria di Emmanuel Macron alle presidenziali francesi, peraltro con percentuali bulgare che pochi prevedevano, rappresenta un’importante lezione per tutte quelle forze politiche italiane che non intendono scendere a patti con l’ampio fronte populista.

Sebbene il leader di En Marche! abbia sapientemente capitalizzato l’effetto valanga di un generalizzato rifiuto contro il cosiddetto establishment, creando un nuovo soggetto e presentandosi ai francesi col crisma del “nuovo”, egli lo ha fatto su una linea politica assolutamente ragionevole e, per questo, in sostanziale continuità con alcuni temi di fondo, a cominciare da quelli dirimenti legati all’economia e all’Europa.

Soprattutto nei riguardi di Bruxelles, malgrado la dilagante impopolarità che le istituzioni europee stanno soffrendo in Francia e in Italia, Macron non ha seguito l’esempio di un Matteo Renzi che ancora oggi continua ad inseguire grillini e leghisti in casa, battendo i pugni contro i presunti euro-burocrati dalle tribune italiane, per poi piegarsi obtorto collo all’idea che l’uscita dall’Europa e dall’Euro sarebbe una catastrofe per il Paese.

Macron, proponendosi addirittura di rafforzare l’asse Parigi-Berlino, da questo punto di vista è andato dritto come un treno, presentandosi al popolo francese, appena eletto, col sottofondo musicale del trionfale Inno alla gioia di Beethoven. Idem sui temi economici, come dimostrano i fischi rimediati di fronte agli operai in agitazione della Whirlpool di Amiens. Il nuovo inquilino dell’Eliseo non si è nascosto dietro uno schermo propagandistico fatto di altisonanti promesse e di miracolose scorciatoie. Altisonanti promesse e miracolose scorciatoie che, ahinoi, da tempo hanno trasformato il nostro dibattito politico in una surreale contesa tra saltimbanchi, illusionisti e venditori di fumo. Evidentemente la gran parte del popolo francese tra il radicalismo di Marine Le Pen, la quale voleva patriotticamente rompere con l’Europa e avviare la Francia verso il protezionismo economico, e il ragionevole riformismo liberale di Emmanuel Macron, indicato da molti cospirazionisti come l’uomo dell’alta finanza e dei poteri forti, ha scelto quest’ultimo. In altri termini, ha prevalso la linea della concretezza e della stabilità sulla politica chiaramente avventuristica della leader del Fronte National.

Ciò costituisce un’importante indicazione anche per chi in Italia intende costruire una alternativa liberale che vada al di là delle vecchie e stantie etichette. Una alternativa liberale che abbia l’abilità comunicativa di presentarsi come nuova, ma nel contempo anche il coraggio di rompere con un populismo che si alimenta con un pericoloso brodo di coltura che racconta complotti ed è perennemente alla ricerca di capri espiatori, presentandosi su una piattaforma di contenuti ragionevoli ed economicamente sostenibili. La marea montante del populismo che intende affrontare problemi complessi con ricette semplicistiche si batte con la serietà di progetti politicamente attuabili.

Parafrasando la pubblicità di una nota azienda immobiliare, l’Italia ha bisogno di una classe dirigente che non venda sogni, ma solide realtà.

Aggiornato il 10 maggio 2017 alle ore 11:30