Sottoscrivo in toto la preoccupata analisi del nostro direttore sul Movimento Cinque Stelle, definito correttamente come allucinante paradigma di “Democrazia dei centri di salute mentale”. E sebbene Arturo Diaconale coglie appieno la palese contraddizione di un meccanismo che pretende, con qualche migliaio di voti espressi in Rete, di decidere le scelte strategiche che riguardano l’intera collettività nazionale, nondimeno ciò non ha impedito a milioni di elettori di farsi rappresentare da una forza politica che manifesta parecchie anomalie, tanto per usare un eufemismo.

A mio avviso sono molteplici le ragioni che concorrono a veicolare nel non-partito di Beppe Grillo una crescente massa di consensi. Ragioni che sotto alcuni punti di vista vengono da molto lontano e appartengono a quella storica faciloneria che ha troppo spesso caratterizzato, dall’Unità nazionale in poi, un Paese raccogliticcio il quale, in tante sue componenti, ha sempre pensato in grande senza alcun senso delle proporzioni. Un Paese il quale, ritenendo che il mondo si organizzasse intorno ai nostri presunti talenti, ha spesso subìto il fascino di qualche abile demagogo pronto a dispensare miracolistiche ricette per riportare molto in alto le nostre sorti.

E, nel valutare l’impressionante armamentario di sciocche quanto pericolose illusioni partorite in questi ultimi anni dalla democrazia diretta a Cinque Stelle (il cui approdo, come scrive Diaconale, è quello di trasformare l’Italia “in una gigantesca Svizzera dove i cittadini non lavorano e si godono l’ozio latino in attesa dell’assegno di sopravvivenza dell’Inps”), mi viene in mente una cruda citazione di Ferdinando Martini, scrittore e politico che governò con grande abilità l’Eritrea dopo la colossale disfatta di Adua del 1896: “Chi dice che gli italiani non sanno quello che vogliono? Su certi punti, anzi, siamo irremovibili. Vogliamo la grandezza senza spese, le economie senza sacrifici e la guerra senza morti. Il disegno è stupendo: forse è difficile da effettuare”.

Ecco, malgrado sia passato molto tempo, non possiamo non leggere nel messaggio politico dei grillini un’analoga filosofia di fondo, che allo stato attuale si può sintetizzare con la contraddizione in termini di una decrescita felice che porti più benessere per tutti. Da questo punto di vista il disegno non ci appare né stupendo e né minimamente realizzabile.

Aggiornato il 02 maggio 2017 alle ore 23:25